martedì 14 aprile 2009

La riflessione del Vescovo il Venerdì Santo

Su Agrigentoweb.it ho trovato la riflessione che il nostro vescovo don Franco ha proposto nella notte del venerdi santo nella piazza pirandello di Agrigento
per chi volesse farne personale lettura basta cliccare nel link del Commento.



2 commenti:

enzo carrubba ha detto...

Il discorso di Montenegro del Venerdì Santo

Stasera non parlo del Crocifisso e del suo dolore, ma voglio parlare a Lui, davanti a voi e anche a nome vostro.

Signore Gesù, tu hai detto: «Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,43). Mi piace pensare che tu rivolgi a noi queste parole per richiamarci a ridare ad Agrigento l’antica fama di “più bella città dei mortali” (Pindaro). Ci chiami a rendere Agrigento e le nostre città segno della Città Santa, della Nuova Gerusalemme (cfr. Ap 21, 1-27), non solo per le sue bellezze architettoniche, ma perchè agli afflitti (immigrati particolarmente) viene reso il ser¬vizio della consolazione e quello della astersione delle lacrime (cfr. Is 25, 8; Ap 21, 4), perchè i concittadini si offrono amicizia, perchè l’indifferenza è rifiutata da tutti. Aiutaci a credere che sia vero ciò che affer¬mava Madre Teresa: “Il Paradiso è amare come Dio ama, servire come Dio serve, aiutare come Dio aiuta”. Il Paradiso, se vogliamo, può essere già tra noi. Tocca a noi costruirlo e scoprirlo.
Non meravigliarti se in giorno santo come questo, ora ti parlo di un’emergenza di questa città, effetto di mancate o errate scelte, ma anche frutto di calcoli che non sanno tenere conto del bene comune. Sai, Signore, siamo tutti toccati nel cuore dalle immagini dei terremotati abruzzesi: quanto dolore, desolazione, di¬sperazione, paura, distruzione. Si è fatta lunga, troppo lunga, la lista dei morti. Ma la rabbia - perdonami, Signore, per questo sentimento - è che ora cominciano le snervanti e offensive polemiche sul chi e sul come sono state costruite tante fatiscenti costruzioni. E’ la solita triste e blasfema musica che segue ogni sciagura. Ti raccomando i fra¬telli d’Abruzzo, i morti e i vivi, ma insieme ti prego per questa mia città, permettimi qualche parola sul centro storico. Tu sai come, su questo tema, qui si discute da molto tempo, tutti dicono della necessità di una via di fuga, tutti affermano di aver ragione, ma intanto non succede niente. Tutto è fermo. Cosa si aspetta? Non riesco a capire. Cosa c’è di più importante della vita degli uomini, anche di un solo uomo? Perché chi decide sembra dimenticarlo, dice di avere motivi buoni, ma perché, nonostante i motivi validi e le norme rispettate, poi ci ritroviamo a contare i morti, e a piangere e a darti la colpa. Signore, non è forse questo uno dei motivi per cui non è forte il le¬game della gente a questo territorio, a questa città? Perchè dobbiamo perdere la speranza e la fiducia? Aiutami, ti prego, a capire e ti prego aiuta a chi appartiene la competenza a decidere perché si cerchi il bene della gente, della mia gente.

Ora Signore non posso fare a meno di parlarTi del tuo: «Ecco tua madre! Ecco tuo figlio » (Gv 19, 27). Penso a Mustafà e a Fatima e alle loro mamme, sbarcati a Porto Empedocle; al piccolo Moha¬med e Omar e alla mamma Amina - sbarcati a Lampedusa -: chi si prenderà cura di questi ragazzi e delle loro mamme? Ma Signore, questo, fino a qualche anno fa, non è stato anche il nostro dramma? No. Mi correggo, Gesù, perché lo è ancora. Figli e mariti che partivano e che partono ancora, spose e madri che piom¬bano e sprofondano nella più tristi delle desolazioni. Per ogni madre i figli sono figli e nessuna vuole che il proprio figlio si allontani, viva e si senta straniero o clandestino. Ci rifiutiamo di pensare che i nostri ragazzi debbano vivere come estranei in altre regioni e città della no¬stra stessa nazione.
Tu, Gesù, hai affidato tua Madre a Giovanni e agli amici più cari, io stasera affido a te i giovani, i figli, assieme alle madri, le nostre ma¬dri, di qualsiasi lingua, colore, nazionalità …

Signore il tuo grido mi assorda: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab¬bandonato?». È lo stesso grido dei poveri della città. Gesù, mi sento così impotente nei confronti di Giuseppe che a quarantacinque anni ha perso il lavoro; di Federica che in lacrime mi raccontava di aver firmato una busta paga per 1.200 euro al netto, ma in verità ne percepisce solo 450 lavorando per 10 ore al giorno, e la pausa pranzo gli viene maledetta dalla titolare della ditta. Lo stesso senti¬mento provo per Gerlando, Maria, Alfonso… ragazzi splendidi, gio¬vani intelligenze e forze eccellenti, inceppati o incappati, tanto fa lo stesso, nei meccanismi del potere, delle mafie, o delle burocrazie dalle infinite lungaggini legalizzate. Molti di loro, la sai, sono giovani scar¬tati dalla scaltrezza di molti mediocri … Io, Vescovo, dico loro di sperare, di non arrendersi, di lottare. Ma sono stanchi di aspettare e non li posso trattenere. Partono, perché non ce la fanno più. Ritor¬neranno? Chissà, temo di no. Noi li vediamo andar via, li salutiamo e ci sentiamo più soli. E così, senza di loro, diventiamo tutti più po¬veri.
E poi ti chiedo: ma Signore non permettere che anche in questa mia diocesi ci sia l’uomo che affama l’uomo e la donna che schia¬vizza la donna. Certo Signore, per tua grazia, non mancano i giusti e gli onesti … Ma anche qui ci sono i venditori di promesse che mai vengono mantenute; anche qui c’è chi taglieggia chiedendo il pizzo; anche qui c’è chi spaccia e delinque; chi usa la violenza per trarne profitto. Anche tra i nostri adolescenti e non solo si afferma la moda del branco e si diffonde il malcostume del non rispetto per il debole. Aiutaci, Signore, a ca¬pire che vivere è anche altro.

Le tue parole: «Ho sete» (Gv 19,28), mi fanno pensare ancora a Madre Teresa. Lei, piccola suora, si seppe fare Goccia nell’oceano dei bisogni dei poveri. Senza questa Goccia quanti poveri sareb¬bero stati ancora più soli e più poveri?
Fa’ che a noi non venga mai a mancare l’entusiasmo di far qualcosa per estinguere la tua sete che è dei tuoi figli; fa’ che i consigli dei finti buoni: «ma chi telo fa fare!… finiscila!… chi ti credi di essere!… », non spenga la ge¬nerosità di molti.
E poi, in fatto di sete, Signore, chi meglio di noi agrigentini ti può comprendere? Quante volte, questa gente, la mia gente, fatte le debite distin¬zioni, l’ha sussurrato, detto, gridato, urlato: «Ho sete». Quello dell’acqua che estingue l’arsura è un antico tormento di questa città e non ci sono dissalatori o tecnologie che tengano. Perché siamo condannati a soffrire di sete o dobbiamo fare i conti con le bollette impazzite per acqua che invero non scorre nelle condutture? Sei tu che ti sei dimenticato di darci questo bene necessario per vivere, o siamo noi che non sappiamo organizzarci? Non me la sento di caricarti di questa responsabilità, senz’altro è di chi decide e di noi semplici cittadini che non sappiamo o vogliamo fare le scelte giuste!.

Hai detto: «Tutto è compiuto» (Gv 19,30). Risento ancora questa tua parola. Tu, coi tuoi 33 anni puoi esclamare di aver portato a com¬pimento ogni cosa, noi invece abbiamo ancora tanto da fare e da impegnarci.
Nella nostre città tante opere di pubblica utilità sono come bloccate, immobili, non vanno avanti, sono come trasandate, sconnesse… tanti progetti a cui si è posta mano per la realizzazione sono diventati aborti! Tante opere attendono dopo lungo tempo l’autorizzazione e poi un’altra ancora e poi l’esecuzione … e il tempo passa. Strano. Tutto in nome della legalità! Che ognuno faccia bene la sua parte. Che tutti - lo ripeto - possano cercare il bene comune.

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Gesù sino alla fine hai gridato la tua fiducia nel Padre. Fattelo dire, sulla croce sembri un perdente. Invece fino alla fine hai detto no al disimpe¬gno, all’inerzia, alla pigrizia. Fino alla fine ci hai insegnato che non c’è spazio per la neutralità. Che con te non si può giocare al ri¬basso. Fino alla fine ci hai insegnato che un mondo migliore è pos¬sibile e che è venuta l’ora di farlo. E allora facci capire che bisogna muoversi perché la Pasqua, è movimento; è vita; è danza di Dio con gli uomini e per gli uomini; è fuoco che arde anche nel nostro cuore; è luce che dilegua le tenebre della morte e si apre ai tepori primaverili della pace.
Aprici il cuore e donaci forza. Facci capire che è ora di muoversi perché laddove arrivi tu c’è sempre vita vera; perché Tu, il Cristo crocifisso e risorto, sei la nostra gioia e vuoi la nostra gioia …

Facci capire, Signore, che
il mondo si muove se noi ci muoviamo,
cambia se noi cambiamo,
si fa nuovo se noi ci facciamo nuove creature,
ma che il mondo peggiora se non sappiamo
cogliere il bello che tu hai messo
dentro ognuno di noi.

Il mondo nuovo incomincia
se ognuno comincia a divenire un «uomo nuovo».

La primavera incomincia con il primo fiore,
il giorno con il primo barlume,
la notte con la prima stella,
il torrente con la prima goccia,
il fuoco con la prima scintilla,
l’amore con il primo sogno.

Signore dacci il coraggio di fare ognuno la propria parte
per non schierarci o non essere schierati
dalla parte di Giuda.

Voglio concludere con Maria, l’Addolorata, madre nella fede e della speranza:
Ave Maria

enzo carrubba ha detto...

detto da Lo Bello (Cgil): plauso a padre Franco Mercoledì 15 Aprile 2009 14:49
Per anni questa città e questa provincia ha ascoltato echeggianti omelie tra baciamano, genuflessioni ed apprezzamenti, e, quando in due occasioni, allontanato l’eco, sono stati affrontati i problemi della città, ciò è avvenuto ed è stato vissuto come se le orecchie ed i cuori non avessero sentito.Quest’anno abbiamo ascoltato l’omelia di don Franco, l’Arcivescovo Montenegro. Lo ha fatto sperando che la classe dirigente, quella che amministra questa città e la provincia e quella che a Palermo ed a Roma dovrebbe servirla con finanziamenti adeguati e comportamenti coerenti, fosse in ascolto.Ma si sa non c’è più sordo di chi non vuole sentire. L’Arcivescovo ha fotografato la nostra realtà, non ha fatto allarmismo quando si è riferito al cadente centro storico e la CGIL è ugualmente preoccupata per l’assenza di una via di fuga al Duomo che, se non realizzata, sarà causa di morti e feriti in caso di emergenza.Speriamo che i Capi della Soprintendenza, del Genio Civile, della Protezione Civile, del Comune non debbano mai pentirsi per la mancata risoluzione tecnica a tale grave urgente problema.L’Arcivescovo non ha voluto farsi “partigiano” quando ha fatto riferimento al destino degli immigrati che arrivano e che trovano morte, sfruttamento, cuori chiusi ed esclusione.Oppure quando ha denunciato l’ampia pratica estorsiva di salario e di dignità nei confronti di tanta gente.Contro questo reato la CGIL si batte da anni.Un reato molto diffuso, tanto da non essere percepito come tale, poco denunziato dalle vittime per paura di perdere il lavoro, quindi poco represso, così come sempre poche risultano le denunce contro i racket mafiosi.Le associazioni dei datori di lavoro hanno ascoltato le parole dell’Arcivescovo oppure continuano a farsi sordi ? Si chiede da tempo un confronto e l’assunzione, per quelle imprese che fanno estorsione di salario, delle stesse coraggiose scelte, che abbiamo condiviso e plaudito, riservate a chi paga il pizzo. O c’è ……… pizzo e pizzo? A nostro parere c’è, certamente, una grande differenza che riguarda l’associazione a delinquere, ma anche una stessa pratica che è il reato di estorsione. A meno che il fatto è reato a seconda di chi paga: se a pagare è l’imprenditore è reato, ma se a pagare è il lavoratore, ricattato e minacciato, questo è il prezzo, il costo della concorrenza sleale, di un sistema fatto di troppe tasse. E della ignobile pratica delle dimissioni fatte firmare insieme al contratto di assunzione cosa si dice? Ma per tornare all’omelia di Don Franco si ricorda il richiamo anche alla questione atavica dell’acqua sulla quale ha pronunciato parole dure e ferme che la CGIL raccoglie.Monsignor Montenegro ha richiamato tutti al senso di responsabilità, alla cura del cuore, ai doveri dei compiti istituzionali di ogni persona.La CGIL in quella omelia ritrova se stessa, le ragioni della sua esistenza come forza sociale che lotta per la riscossione dei diritti di cittadinanza, in un contesto nel quale tutti sono chiamati, compreso il sindacato, a compiere il proprio dovere ed a fare di più.Per questo la CGIL spera in un prossimo Venerdì Santo con meno sordi tra chi ha il dovere di governare con giustizia e di fare crescere l’economia “senza fare schiava un’altra persona”.Grazie Monsignore per la Sua lezione… Buon lavoro Pastore .