venerdì 27 febbraio 2009

Lo Dico e l'Acqua

volevo ricordarvi due cose:

domanimattina ci sono due appuntamenti da non perdere. e siccome siamo in tanti possiamo divederci e scegliere andare o:




1) alla manifestazione che si terrà ad Agrigento presso piazzale Cinema ASTOR. un pulmann partirà tra le ore 9:30 e 10:00 e vi porterà nel luogo stabilito. si tratta della manifestazione con tutti i sindaci e cittadini che non vogliono la privatizzazione dell'acqua!!!

2) alla dedicazione della biblioteca alla Memoria del Prof. Onofrio Lo Dico e del Centro Sociale a "Leonardo Sciascia" che si svolgerà alla ore 10:3o nei locali dell'aula magna del centro sociale di joppolo.

dono due appuntamenti molto importanti. non mancare e assicura la tua presenza.
Le Iene alla Girgenti Acque e dal sindaco Zambuto








Visita inaspettata delle Iene questa mattina presso la sede di Girgenti Acque.

Con tanto di telecamera al seguito si sono presentati all’ingresso della sede della società che gestisce l’acqua nel comune di Agrigento per incontrare l’amministrato delegato Giuffrida che è stato chiamato ad esporre chiaramente il servizio da loro gestito con tutti i disagi per una provincia che al momento continua a soffrire la crisi idrica.

Dopo la visita all'amministrore di Girgenti Acque le Iene si sono spostate dal Sindaco Marco Zambuto.

Non è escluso che le Iene, abbiano fatto anche un giro in città per ascoltare gli utenti ed approfondire, com’è nel loro costume, quelle che sono le problematiche legate al servizio idrico.

Al momento non è ancora chiaro se e quando si potrà vedere il volto di Giuffrida e Zambuto sugli schermi di Italia Uno.

Non è la prima volta che le Iene giungono ad Agrigento, in passato almeno in due occasioni erano passati da Palazzo dei Giganti.


notizia tratta da WWW.AGRIGENTOWEB.IT

Ato Idrico Aggiornamenti

I sindaci bloccano l'insediamento del commissario per le acque

Il sindaco di Bivona Giovanni Panepinto Il sindaco di Bivona Giovanni Panepinto “Oggi a Santo Stefano di Quisquina una manifestazione pacifica di amministratori e migliaia di cittadini ha impedito l’insediamento del commissario straordinario per le acque, il cui unico scopo sembra essere la tutela degli interessi di chi vuole lucrare sul bene pubblico”.

Lo dice Giovanni Panepinto, sindaco di Bivona e deputato regionale del Pd, che stamane ha partecipato alla manifestazione nel comune dell’Agrigentino.
“Siamo di fronte – aggiunge – all’ennesimo atto di arroganza da parte dell’Agenzia delle acque e dei rifiuti che, con l’invio del commissario che dovrebbe consegnare la rete idrica comunale alla ‘Girgenti acque’, vorrebbe portare a termine un clamoroso scippo ai danni dei cittadini. Per quel che ci riguarda – conclude Panepinto – continueremo la nostra battaglia in difesa degli interessi dei cittadini e contro lo sfruttamento economico di un bene primario come l’acqua”.

notizie tratta da www.agrigentonotizie.it

Novità a Joppolo

navigando su internet ho scoperto che a joppolo hanno aperto due nuove attivtà!!!!

in un paese cosiì piccolo c'è sempre qualcosa da scoprire!

Anoressia un tema sempre attuale !!!

suggeriscono la lettura di questo testo a cura del servizio asl1 agrigento



La taglia 38 ha perso il sorriso



fatto caso che la gran parte delle emozioni umane traspare dal volto?


ImageLo sapete che si può mentire con le parole, ma il linguaggio del corpo rivela la verità ?
Tristezza, rabbia, dolore, felicità, paura, desiderio, attrazione, ripulsa sono tutte scritte in uno sguardo intenso, in un sorriso complice, in un rossore improvviso, in una fronte corrucciata, in una ruga espressiva. Eppure nessuno ci insegna a custodirne il senso e codificarne il significato.
Nell’esprimere un’emozione positiva si mobilitano circa 40 muscoli facciali, ma per una negativa ne occorrono più di 60.
ImageEppure l’ imbecillità dei messaggi pubblicitari violenta quotidianamente il nostro benessere : la prova costume, la dieta perfetta, perdi 10 kl in 10 giorni. Certamente questo stressante corteo di modelli di uomini e donne belli e magri, cui pochissimi uomini e donne comuni si avvicinano, non è l’unica causa che induce il nascere ed il perdurare di una anoressia nervosa, ma è responsabile del furto del sorriso, chiamiamolo così, dal volto dei nostri ragazzi.
E’ bello pensare che in fatto di stile, di seduttività, di femminilità il Poeta del trecento ha molto da insegnare in Ella si va sentendosi laudare.. quanta fiera consapevolezza di sé nella donna, verosimilmente cicciotella, che ammutolisce ogne lingua e gli occhi non l’ardiscon di guardare e dà per li occhi una dolcezza al core !
ImageLa vera educazione sentimentale consiste nella capacità di guardarci, di sorriderci, di ammirarci. Da che mondo è mondo la ragazza ed il ragazzo più simpatico, più ricercato, più affidabile non ha la taglia trentotto ma ha un’anima bellissima.

Che fare?
ImageAnche da noi l’incidenza della patologia riconducibile ai disturbi alimentari è difficilmente rilevabile: si parla del 5% della popolazione, prevalentemente donne tra i 12 ed i 25 anni. Ma i tre milioni di persone che in Italia chiedono un aiuto non sono che la punta dell’iceberg perché il fenomeno resta spesso sommerso. Le difficoltà principali nella terapia dei Disturbi della Condotta Alimentare risiedono nella negazione della malattia e nella mancanza di collaborazione dei pazienti. Molte ragazze stabiliscono con il sintomo un rapporto “da luna di miele” facendovi ricorso solo in periodi particolari, altre ci convivono da anni e, nella delirante illusione di poterlo controllare, convincono, manipolandoli, anche i genitori di non essere malate.
Importantissimo è dunque il ruolo del medico di base anche perchè le preoccupazioni per la dieta e per il peso corporeo costituiscono spesso il motivo che conduce molte pazienti a consultare il proprio medico di base o il dietologo: il medico di base può effettuare una diagnosi precoce del disturbo alimentare. Una perdita di peso progressiva, una preoccupazione invasiva per il peso, per le diete, per le calorie, la presenza di crisi bulimiche e di condotte di eliminazione come il vomito o l’uso improprio di lassativi o diuretici, la richiesta di farmaci anfetaminici e anoressizzanti allertano il sanitario che può proporre un trattamento del disturbo prima che questo si trasformi in una conclamata manifestazione psichiatrica.
In questi casi è indispensabile privilegiare un trattamento di equipe. E’ necessaria una prima valutazione internistica delle condizioni fisiche del paziente per le eventuali complicanze mediche frutto del digiuno, del vomito o dell’abuso di lassativi. Il nutrizionista ripristina gradualmente abitudini alimentari per un bilancio energetico; parallelamente gli specialisti psicologi e psichiatri dal canto loro seguono il paziente e la sua famiglia in un percorso di cura e riabilitazione. In questo campo estremamente efficace si è rivelata la psicoterapia familiare, in ogni caso è utile un approccio integrato che preveda anche l’uso di tecniche psicoeducazionali e comportamentistiche.

*responsabile del servizio di Psicologia AUSL1 Agrigento

articolo pubblicato in www.agrigentoweb.it


giovedì 26 febbraio 2009

Parco Eolico

si sente in questi giorni parlare molto di energia alternativa... di parchi eolici.

sapevate che anche a Joppolo saranno installate 10 pali eolici???

saranno... sono già partiti gli studi dei venti!!!

comunque l'energia alternativa trova terreno anche a Joppolo !

che pensi???

Comments - Richiamo!!!

Volevo intervenire a proposito dei tanti commenti che giungono dai tanti anonimi!

da una parte mi fa piacere che questo blog possa essere un punto di riferimento per aggiornamenti e per confronti sulla vita joppolese!

in tal senso ho creato una sezione dedicata ai racconti e alle foto della joppolo passata. e qualche anonimo in tal senso credo che stai dando un mano originale!

dall'altra parte non posso non invitare i tanti o i pochi che contribuiscono a fare commenti, purtroppo a volte molto gratuiti e fuori fuori "tema", a fermarvi un attimo. Nessuno immagina di darvi limiti, ma penso che un certo LIMITE ce lo dobbiamo imporre da soli.

Penso di rivolgermi a persone molto serie! Persone, seppur anonime, che hanno cominciato a credere nella positività di un confronto non velato nè dai pregiudizi nè dalla falsa politica. per cui non dico altro di accogliere il mio personale invito...

e ancora grazie per la vostra presenza nel blog!!!
eccovi una foto molto singolare della nostra joppolo. Il castello ducale rappresenta sicuramente un documento stotico del nostro patrimonio storico. peccato che stia sempre nascosto e non valorizzato per la promozione del nostro territorio. .

pare che non ci sia nulla da fare!!!
nessuno se lo vuole comprare! gli enti pubblici non hanno i fondi per comprarselo!

chissà che fine farà!!!
che se pensi???

Tubercolosi a Joppolo...CHIARO???

assemblea popolare gremitissima al centro sociale. Tutti interessati a sapere, conoscere meglio la situazione tubercolosi a joppolo e cosa fare per uscire dall'allarme sanitario!!!

dalla ore nove alle ore dieci e trenta tutti là ad ascoltare... CHIARO ?
sui contenuti credo che tutto sia stato........................ CHIARO ?
su quello che hanno fatto e stanno facendo le ISTITUZIONI tutto... CHIARO ?

se qualche cosa vi è sfuggito sono dispoti ad aiutarvi..... CHIARO ?

mercoledì 25 febbraio 2009

Tubercolosi a Joppolo

voglio... mi permetto di ricordare a TUTTI i COMMENTATORI DEL BLOG che questa sera siete tutti invitati alla riunione al centro sociale per l'assemblea informativa sulla tubercolosi a joppolo.

anche in anonimato siete tenuti a presenziare alla riunione.

voi siete i cittadini di joppolo e non altri.

Scuola a Joppolo

ISTRUZIONE: Nuova riorganizzazione scolastica in provincia, ecco le novità
agrigentonotizie - cronaca sicilia agrigento politica cultura regione
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L'assessore regionale ai Beni culturali ed alla Pubblica istruzione ha inviato al ministero il nuovo piano di organizzazione per le scuole siciliane. In provincia di Agrigento è stata confermata la soppressione del circolo "Di Giovanni", la scuola media Pirandello diventerà "Istituto comprensivo Pirandello" con l'acquisizione dei plessi della Garibaldi, un nuovo istituto comprensivo al Villaggio Mosè.

Le isitituzioni scolastiche del primo circolo passeranno da dodici ad undici. Per le direzioni didattiche: il circolo "Lauricella sarà composto dal plesso del viale della Vittoria, dalla scuola dell'infanzia "Villa del sole", e dalla scuola dell'infanzia del villaggio Peruzzo. Il circolo "San Giovanni Bosco" sarà composto dal plesso "San Giovanni Bosco",, dal plesso di via Matteotti e dalla scuola primaria del villaggio Peruzzo. Il circolo "Esseneto" comprenderà il plesso "Esseneto". Il circolo "Verga" sarà composto dalla scuola dell'infanzia "Collodi", dalla scuola dell'infanzia "Maria Kolbe", e dalle primarie "Verga" e "San Michele".

Gli istituti comprensivi: la "Pirandello" comprenderà la scuola dell'infanzia, la primaria e la secondaria di primo grado "Garibaldi". L'Ic "Castagnolo" ingloberà la scuola d'infanzia "Marconi", e quelle d'infanzia, primaria e secondaria di primo grado "Montessori". L'Ic "Anna Frank" sarà composto dalle scuole dell'infanzia e primaria del Quadrivio, e dalla primaria e secondaria "Picarella". L'Ic "Garibaldi" sarà composto dalla scuola d'infanzia "Santa Chiara", dalla primaria Giovanni Paolo II", e dalla primaria e secondaria "De Cosmi" del villaggio Mosè. L'Ic "Pascoli" comprenderà le scuole d'infanzia e primaria di via Dante, e la primaria e secondaria di primo gardo Tortorelle. L'Ic "Reale" sarà composto dalle scuole d'infanzia e primaria di Montaperto, infanzia e primaria di Giardina Gallottisecondaria di primo grado del plesso "XI settembre", secondaria di primo grado di Giardina, e la secondaria di primo grado di Joppolo Giancaxio. L'Ic "Quasimodo" sarà composto dalla scuola d'infanzia "Agazzi", quella "Scurpiddu", la "Calogero Trupia"la primaria "Giovanni XXIII", la primaria "Di Giovanni", la primaria "Fava".

Per gli istituti superiori ci sarà l'aggregazione dell'isitituto tecnico per geometri "Brunelleschi" con l'isituto "Foderà", ed il "Brunellechi" perderà l'autonomia.


di Erika Grado

martedì 24 febbraio 2009

MEZZOGIORNO: DAL DECLINO ALLA NUOVA FRONTIERA MEDITERRANEA

Volevo dare spazio a un nostro compaesano che in questi giorni ha pubblicato un suo contributo pubblicato nel n. 68 della rivista Confluences Méditerranéennes", Editions l'Harmattan, Paris, di Febbraio 2009 .

Ringraziando anticipatamente Agostino per il contributo che ci ha fatto pervenire. sono ben lieto di darne ampia notizie e ve ne suggerisco la lettura:

MEZZOGIORNO: DAL DECLINO ALLA NUOVA FRONTIERA MEDITERRANEA

di Agostino Spataro

Giornalista, collaboratore di vari giornali fra i quali “La Repubblica”

Direttore di “Informazioni on line dal Mediterraneo” (www.infomedi.it)

Autore di vari libri fra cui “Sicilia: cronache del declino”, Edizioni Associate,

Roma 2006 e “Le tourisme en Méditerranée” Editions l’Harmattan, Paris, 2000

Deputato (dal 1976 al 1987) è stato membro delle Commissioni Esteri e Difesa

della Camera dei Deputati

Esiste ancora la questione meridionale?

Non è una boutade, ma una domanda pertinente che sollecita una verifica della realtà attuale di questa grande area poco sviluppata che comprende 8 regioni, suddivise in 28 province, che rappresentano il 75% delle acque territoriali, il 41% della superficie e il 35% della popolazione italiane.

Un territorio carico di storia e di cultura, ma segnato da acute contraddizioni sociali ed economiche che parevano insanabili per via ordinaria.

Tanto che, agli inizi degli anni ’50, la politica italiana decise di affidare il Sud alle cure di un ministero ad hoc istituito e agli interventi operativi speciali della Cassa per il Mezzogiorno (Casmez).

Da allora ad oggi qualcosa è cambiato in meglio, tuttavia la questione meridionale resta come palla al piede dell’Italia. Se non altro perchè è rimasto immutato il divario col Nord.

Recenti dati Istat ci dicono che l’apporto del Sud alla formazione del PIL italiano è stato nel 2007 del 23,8% mentre nel 1979 era del 24,0%.

Addirittura una leggera flessione che segnala il permanere di una difficoltà di fondo che acuisce il disagio sociale e scoraggia gli investimenti italiani e soprattutto stranieri.

Secondo l’ultimo rapporto Svimez, nel 2006, solo lo 0,66% degli investimenti diretti esteri sono stati allocati nel Sud mentre il 99,34% si é orientato verso il centro nord.

All’interno del dato globale di segno negativo, si registrano significativi progressi a macchia di leopardo, concentrati specialmente nelle 4 regioni più piccole che stanno “fuoriuscendo” dal Mezzogiorno.

La svolta riguarda Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna che, nel 2007, hanno fatto registrare un Pil pro-capite superiore alla media meridionale attestatasi su 17.552 euro.

I fattori di tale performance sono molteplici: innovazione, prossimità con i mercati, efficienza dell’infrastrutture e dei servizi, ecc. Tuttavia, il fattore più influente, e unificante, sembra essere l’assenza del predominio mafioso sui loro territori.

L’esatto contrario di quanto si verifica nelle rimanenti regioni Calabria, Sicilia, Campania e Puglia, tutte al di sotto della media del Pil, segnate da una soffocante presenza della criminalità organizzata (rispettivamente: Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra e Sacra Corona Unita) che condiziona l’economia, l’amministrazione e, in una certa misura, la società civile.

Un Mezzogiorno dentro il Mezzogiorno

Una vistosa divaricazione interna che ha creato un mezzogiorno dentro il mezzogiorno.

In Calabria, Sicilia e Campania non c’è un vero mercato, non c’è libera concorrenza, ma prevalgono forme di produzione e di accumulazione pre- moderne, basate sulla violenza e sull’illegalità, che consentono alle mafie di produrre un “fatturato” stimato (forse per difetto) in 130 miliardi di euro, corrispondente al 40% del Pil meridionale e al 10% di quello italiano.

Un’incidenza davvero ragguardevole, ben oltre i limiti fisiologici tollerabili, maggiore di quella derivata dal fatturato di alcuni grandi gruppi industriali italiani.

Un fiume di denaro che, oltre a sfuggire in gran parte al fisco, fa della criminalità uno dei soggetti principali dello scenario economico e finanziario del Paese, con articolazioni importanti in diversi Stati europei, dell’est e dell’ovest.

A ben pensarci, senza questo 10% d’origine malavitoso forse l’Italia non potrebbe sedere nel club del G8. Molti, soprattutto all’estero, si chiedono: perchè lo Stato democratico, i diversi governi succedutisi non hanno mai intrapreso una lotta seria, definitiva contro le organizzazioni criminali?

Il pensiero corre ai voti che le mafie convogliano sui partiti di governo. Ma il voto, da solo, non basta a spiegare un fenomeno così potente e radicato.

In realtà, la motivazione principale credo stia in questi enormi flussi di capitali che, per vari canali, anche leciti, affluiscono nel sistema economico e nel circuito finanziario nazionale ed internazionale.

Insomma, senza questo apporto, ormai consolidato, verrebbe a mancare un pilastro finanziario importante, difficilmente sostituibile con risorse lecite.

Immigrazione e federalismo egoistico

Ma torniamo al Meridione dove al permanere di dinamiche così perverse si registra l’attivazione di alcune più virtuose che hanno favorito l’emancipazione economica di talune regioni.

Tutto ciò è successo nel corso degli ultimi tre lustri (1992-2007), ovvero durante la lunga e confusa (e non conclusa) fase della transizione politica italiana, apertasi con l’esplosione di “tangentopoli” (1992) che ha travolto il sistema politico della ”prima Repubblica” e capovolto i termini del tradizionale rapporto nord-sud.

Nel senso che, anche grazie alle pressioni ricattatorie della Lega di Bossi, nell’agenda politica e di governo non figura più la “questione meridionale”, ma quella “settentrionale”, accompagnata dalla rivendicazione di un “federalismo fiscale” caricato di un significato punitivo verso il sud “sprecone”.

Il progetto di riforma federalista, già varato dal governo Berlusconi, se attuato rischia di perpetuare, di acutizzare il divario fra nord e sud e quindi d’innescare una contrapposizione fra regioni ricche del centro nord e regioni meno sviluppate del sud che potrebbe disarticolare l’autorità dello Stato e l’unità della nazione.

Si creerebbe, così, il clima perfetto per consentire alla Lega di far passare la sua idea costitutiva di secessione del nord, mai veramente abbandonata.

Un progetto subdolo, disastroso per l’Italia e per l’Europa, che non si nutre soltanto dell’egoismo razzista di taluni gruppi improvvisamente arricchitisi, ma che fa leva su alcuni fenomeni sociali nuovi che stanno modificando il tradizionale rapporto fra nord e sud del Paese.

Fra questi, grande importanza assume l’immigrazione extracomunitaria. L’afflusso, piuttosto recente, nelle regioni del centro-nord di milioni d’immigrati ha fatto venir meno uno dei presupposti del “patto scellerato” sul quale si è fondato, dall’Unità in poi (1860), il difficile equilibrio fra nord e sud. Com’è noto, quel “patto”, mai ufficialmente ammesso, assegnava al Sud una doppia funzione subalterna verso l’industria del nord: di fornitore di braccia e cervelli e di grande mercato di consumo.

Oggi, il nord, giunto ad uno stadio di saturazione del suo sviluppo e in forte competizione con altre realtà industriali europee e mondiali, alle braccia meridionali preferisce quelle provenienti dall’Africa, dall’Asia e dall’America latina.

Meglio se clandestine poiché costano meno e non hanno diritti da rivendicare.

Tuttavia, il Nord non può fare a meno del Mezzogiorno che resta pur sempre un importante mercato (circa 20 milioni di consumatori) e luogo strategico di deposito, trasformazione e distribuzione di prodotti energetici. Soltanto in Sicilia si raffina il 40 % delle benzine, mentre sulle sue coste approdano due giganteschi metanodotti provenienti dall’Algeria e dalla Libia.

Nei nuovi programmi, in corso di attuazione, è prevista, sempre in Sicilia, la realizzazione di due grandi impianti di ri- gassificazione e almeno di una centrale nucleare.

Insomma, il sud sempre di più acquisterà un peso decisivo nella strategia di approvvigionamento energetico del Paese.

Il Mezzogiorno ponte europeo nel Mediterraneo

Anche se la Casmez è stata abolita, l’intervento speciale nel Sud, seppure in misura ridotta, è continuato sotto altre forme. In particolare, utilizzando i vari progetti comunitari, purtroppo concepiti ed attuati in continuità col vecchio meccanismo e, pertanto, con risultati vicini allo zero.

Peccato! Poiché si è persa un’altra importante occasione per il Sud.

Infatti, oltre ad avere sprecato una gran quantità di denaro pubblico, si rischia di non cogliere le tante opportunità che si produrranno, nei prossimi anni, grazie allo sviluppo globale e multi polare nella zona mediterranea.

Il Mezzogiorno, fisicamente e storicamente proiettato nell’area mediterranea, potrebbe candidarsi a divenire zona-cerniera, ponte del partenariato e della zona di libero scambio euromediterranei.

Cambierebbe così il suo ruolo: da area emarginata a punta più avanzata dell’Italia e dell’Europa del dialogo e della cooperazione con i Paesi rivieraschi.

Inoltre, sappiamo che nel Mediterraneo, speriamo al più presto pacificato e politicamente co-gestito, si materializzerà, attraverso il canale di Suez, una fra le più sconvolgenti novità sul terreno dei rapporti economici, culturali e politici fra Europa e Asia.

Per il sud italiano, così come per altri sud europei, si apre, infatti, una prospettiva inedita, rappresentata dai crescenti flussi commerciali e finanziari provenienti dall’Asia e dall’Africa, in particolare, oggi, da Medio Oriente, Cina, India, Giappone, Oceania.

Una prospettiva che potrebbe consentire al Mediterraneo un “ritorno” al ruolo storicamente assolto fino al 1492.

Spostare a sud l’asse dello sviluppo italiano ed europeo

Ma il sud è attrezzato per intercettare, accogliere almeno una parte di tali flussi? Credo, proprio di no o solo in parte. Anche perché non supportato da una politica estera orientata a tale scopo.

La politica italiana verso il Mediterraneo continua ad essere eclettica, senza un centro, in qualche caso pittoresca, e soprattutto condizionata dagli egoismi razzistici della Lega nord.

Anche questo è un segno evidente del declino.

Una grande nazione non può, davvero, presentarsi al mondo così conciata.

L’Italia, cogliendo il nuovo clima derivato dall’elezione di Obama, deve operare una svolta nella sua politica estera, per mettere il Mezzogiorno al centro del nuovo scenario geo- economico mediterraneo che si configura come uno dei principali poli dello sviluppo mondiale di questo nuovo secolo.

D’altra parte, se si vuole uscire dalla “crisi” rinnovati bisognerà puntare sul riequilibrio produttivo del Paese, prendendo atto che lo sviluppo del nord è prossimo alla saturazione e che, quindi, soltanto il Mezzogiorno potrà garantire all’Italia una continuità di crescita razionale ed eco-compatibile.

Appare necessario, pertanto, lo spostamento a sud, verso il Mediterraneo, dell’asse dello sviluppo per delineare una prospettiva economica virtuosa, di fuoriuscita dal parassitismo e dall’illegalità.

Molto sta alla politica, ai governi, ma anche ai cittadini del Sud, perché il mezzogiorno sarà- parafrasando un pensiero di Fernand Braudel- come lo vorranno meridionali.

Una nuova politica, un nuovo pensiero

A fronte di tali, possibili sconvolgimenti va anche aggiornata l’analisi teorica e politica della realtà meridionale, per individuare nuove chiavi di lettura e nuovi strumenti d’intervento.

Riflessione necessaria anche per evitare che si accrediti nell’opinione pubblica internazionale un’idea riduttiva del Sud così com’è rappresentato da taluni libri o film di successo, compreso l’ottimo “Gomorra” di Roberto Saviano.

Bisognerebbe, pertanto, aggiornare e, se del caso, superare talune teorie politiche e sociologiche meridionaliste che non reggono più al confronto con la realtà e con le tendenze attuali.

Anche la sinistra, le forze progressiste devono compiere uno sforzo coraggioso.

Un solo esempio. Davanti a mutamenti così radicali, imprevedibili, penso sia limitativo attardarsi sulla diagnosi di Antonio Gramsci, com’è noto basata sul citato “patto scellerato” fra industriali del nord e agrari del sud, al quale contrapporre l’alleanza fra operai del nord e contadini poveri del sud.

Analisi lucidissima, ma datata. Valida per interpretare il vecchio contesto storico e politico.

Oggi, la gran parte di questi attori sociali risultano ridimensionati nel loro ruolo politico ed economico, o fortemente emarginati nell’odierno contesto. Nuovi soggetti sono entrati in campo e soprattutto si è ampliata la prospettiva del Mezzogiorno in senso globale.

Insomma, fermo restando il suo ancoraggio all’Europa, il Sud deve ripensare, anche in chiave teorica, la sua strategia di crescita che necessariamente dovrà articolarsi in senso bi-direzionale: verso la dimensione planetaria dell’economia globale e quella regionale del partenariato euro-mediterraneo. Questa è la nuova, grande sfida per i prossimi anni.

Il declino della Sicilia, il suo fatale enigma

All’interno di tale prospettiva si dovrà ricollocare il ruolo della Sicilia, grande regione europea e mediterranea, segnata da aspri contrasti e da grandi potenzialità.

Isola-baricentro del Mediterraneo, in passato sede d’incontro fra culture diverse, la Sicilia vanta una storia pluri-millenaria e un ricco patrimonio archeologico e monumentale che ne fanno uno fra i più importanti “giacimenti” culturali del pianeta.

E’ da circa 40 anni che andiamo proponendo, talvolta in solitudine, un’ipotesi euromediterranea per il futuro dell’Isola. Ora tutti si scoprono “mediterranei”.

Anche se, nel migliore dei casi, il Mediterraneo è argomento di conversazione, nel peggiore motivo per lucrare sui finanziamenti europei.

In questi decenni, poco o nulla si è fatto per valorizzare la naturale vocazione mediterranea della Sicilia e, soprattutto, per superare gli ostacoli interni ed esterni che ne impediscono una sua proiezione dinamica e moderna.

Quest’Isola lenta e dubbiosa verso un “progresso” invadente e livellatore, battuta dal vento di scirocco che qui giunge impregnato dell’eco torrida di lontani deserti africani, sembra chiudersi in se stessa, rientrare nel suo fatale enigma. Alla politica è subentrata la cabala per cui comanda chi meglio riesce ad interpretare il mistero.

Una fase difficile, dunque, segnata da una tendenza al declino, generale e diffuso.

Certo, anche nell’Isola si registrano cambiamenti positivi, ma non tali da allinearla, per redditi e qualità di vita, alle tendenze in atto in altre regioni italiane.

Si tratta, infatti, di poche realtà pregevoli, anche d’eccellenza, che rischiano d’infrangersi contro una sorta di “circuito dell’illegalità”, eretto intorno all’Isola da forze potenti, che svilisce gli sforzi mirati a sviluppare la produzione e una moderna organizzazione dei servizi e delle professioni.

Un declino evidente accelerato da taluni passaggi cruciali, fra i quali il temuto capovolgimento di ruoli fra politica e “poteri forti”, a favore di questi ultimi. Com’ è successo un po’ dovunque nel mondo a seguito del prevalere delle pratiche neo-liberiste, la politica ha perduto il suo primato, altre entità si sono insediate al posto di comando.

Con una differenza però che in Sicilia a comandare non sono le grandi corporazioni multinazionali, ma oscure consorterie locali.

E la palma non potrà più salire…

Nonostante questa specificità, la Sicilia non è una scheggia impazzita all’interno di un sistema sano. La sua condizione riflette l’andamento generale della situazione italiana.

Esiste, infatti, un legame forte fra l’isola e la penisola, di scambio e di reciproca influenza colto a più riprese anche dalla letteratura, soprattutto straniera.

Alcuni esempi. Goethe, nel 1787, addirittura sentenziò: “Senza la Sicilia, l’Italia non lascia alcuna immagine nell’anima: qui è la chiave di tutto”. (1) Edmonda Charles Roux, premio Gongourt 1966, forse più realisticamente, ha sottolineato come : “La Sicilia, nel bene e nel male, è l’Italia al superlativo”. (2) Il pensiero della Roux rende di più l’idea di una Sicilia “eccessiva” o, se si vuole, laboratorio-politico, anticipatore delle alleanze politiche nazionali.

Leonardo Sciascia intravide una “linea della palma” che dall’Isola sale verso il nord. Una dolente metafora per segnalare il pericolo di un’esportazione del “modello siciliano”verso la penisola.

Punti di vista, naturalmente. Per altro, la profezia sciasciana non potrà più avverarsi visto che le palme non potranno più salire.

Almeno da Palermo, dove stanno morendo, attaccate da un parassita (il punteruolo rosso) che, come la vendetta di un dio spietato, sta facendo strage dei rigogliosi palmizi, fin dentro il celebre Orto botanico dei borboni.

Un regime a sovranità limitata

Per queste ed altre ragioni, il solco fra La Sicilia e il Paese si allargato. Il nuovo spazio è stato occupato da un sistema di potere arcaico, familistico, parassitario e mafioso che ha bruciato le migliori risorse e prodotto una classe dirigente consociativa, oscillante fra l’astrattezza politica e il gattopardismo più deteriore.

Un sistema opprimente che ha generato un regime a sovranità limitata che ha conculcato i diritti fondamentali dei cittadini, trasformandoli in favori da concedere in cambio di voti e/o di tangenti, e sfumato i doveri dei governanti.

E dire che il molto speciale Statuto di autonomia, che fa della Sicilia “una quasi nazione”, avrebbe dovuto garantire all’Isola il massimo dello sviluppo possibile.

A differenza di altre regioni autonome, quali la Val d’Aosta, il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia, la stessa Sardegna, l’Autonomia siciliana non ha prodotto i frutti sperati, ha deluso le attese, ha subito una sorte infelice: in parte non attuata e in parte abusata, stravolta.

Alla base di tale distorsione, penso ci sia un equivoco mai chiarito che di tanto in tanto riaffiora: l’autonomia invece di uno strumento di autogoverno e di crescita civile ed economica, è stata concepita come un surrogato del separatismo, per erigere intorno all’Isola un recinto, una sorta

d’anello di fuoco, dentro il quale esercitare uno spudorato dominio e bloccare di là del Faro (di Messina) le innovazioni, i cambiamenti provenienti dall’Italia e dall’Europa.

Un secolo di migrazioni

Di conseguenza, oggi vediamo una regione bloccata nel suo naturale sviluppo, avvilita dal clientelismo, dalla disoccupazione, dal lavoro nero, sfregiata dall’abusivismo edilizio e non solo.

Si vive una condizione per molti versi insopportabile, con la quale devono fare i conti i cittadini e gli imprenditori onesti, ossia la stragrande maggioranza della popolazione.

In primo luogo, i giovani ai quali resta una sola alternativa: adattarsi o fuggire. Una terza via non è praticabile. Si calcola che, nel quinquennio 2002-07, siano emigrati dall’Isola verso le ricche regioni del nord, almeno 150.000 giovani, in gran parte diplomati e laureati.

Ancora emigrazione! Per i siciliani il novecento è stato il secolo dell’emigrazione.

Sono partiti a milioni verso le più lontane contrade del mondo e insieme ad altri hanno scritto uno dei capitoli più drammatici della storia universale delle migrazioni.

Si sperava che col boom economico italiano l’esodo si sarebbe interrotto. Invece è ripreso, anche se- nel frattempo- la Sicilia è divenuta terra d’approdo e di (mala) accoglienza per centinaia di migliaia d’immigrati provenienti dal sud del mondo.

Oggi, con la recessione in atto, non sappiamo cos’altro potrà accadere.

Anche Platone se ne fuggì deluso

In questo clima di grave incertezza, molti si chiedono dove stia andando la Sicilia. Verso quale approdo, quale futuro? La risposta non è facile, anche se l’interrogativo non è più eludibile.

Il futuro è il grande assente nell’immaginario dei siciliani. Un po’ tutti ne avvertono la mancanza: chi parte e chi resta.

Eppure non si chiede un avvenire mirabolante, ma un futuro da normali cittadini europei, una prospettiva migliore di questo opaco presente.

Ai siciliani questo futuro è stato negato, rubato perciò preferiscono guardare al passato. Pensano e parlano al passato. Addirittura, nella parlata locale per indicare il futuro si usa il (verbo) presente.

Ostentano un orgoglio, talvolta smisurato, per il loro passato visto come una sorta di eternità volta all’indietro nella quale, come nota Pessoa “ciò che passò era sempre meglio”.

Ovviamente, questa assenza di futuro non è una devianza grammaticale, ma la spia di un disagio psicologico collettivo che nasce dall’esperienza storica e spinge i siciliani a rifugiarsi in un mondo sepolto, mitizzato, ritenuto, più a torto che a ragione, migliore dell’attuale.

C’è chi chiama tutto ciò “pessimismo” inveterato, connaturato. Anche contro Leonardo Sciascia, per il quale la Sicilia era “irredimibile”, fu lanciata questa accusa che lo scrittore respinse con serena fermezza: “Come mi si può accusare di pessimismo se la realtà è pessima?” (3)

In realtà, non si tratta di un’inclinazione pessimistica dei siciliani, ma della percezione di un male oscuro che permane nel tempo, fin dagli albori della storia siciliana, già durante la splendida civiltà siculo- greca.

Significativa appare, a questo proposito, la “Settima lettera” di Platone (autentica o meno che sia) nella quale il sommo filosofo chiarisce le ragioni che lo spinsero a viaggiare, per ben tre volte e in condizioni drammatiche, da Atene a Siracusa per aiutare il suo discepolo Dione ad insediare in Sicilia la sua “Repubblica”.

Tentativi falliti, miseramente. Com’è noto, il filosofo, per salvarsi, fuggì precipitosamente dalla Sicilia, portandosi dietro l’amarezza della delusione patita: “Mi sembrava difficile dedicarmi alla politica mantenendomi onesto…”

Insomma, anche nei tempi antichi la vita politica siciliana era piuttosto inquinata. Oggi la situazione è mutata, ma temo in peggio. Se Platone ritornasse per la quarta volta nella Trinacria avrebbe ben altro di cui lagnarsi.

Cambiare si può, si deve

Per concludere. La Sicilia ha un grande bisogno di libertà e di un forte recupero della sua identità culturale e storica che, senza scadere nella velleità indipendentista, per altro dolorosamente sperimentata, ridia ai siciliani il senso della loro storia e quindi la responsabilità di costruire un futuro di progresso nella legalità.

Si può fare. Importante è partire, riavviare la ricerca e la cooperazione fra tutte le forze sane dell’Isola che resistono ed attendono un segnale di autentica liberazione.

Ma i siciliani desiderano il cambiamento? Talvolta parrebbe di no. Si accetta di vivere, rassegnati, in una società immobile, individualista che tende ad escludere i settori più problematici, compresi i suoi figli ventenni.

In realtà, la maggioranza dei siciliani non è contenta di tale condizione, anzi la vive nell’angoscia, come nell’attesa del crollo. C’è una contraddizione latente fra consenso politico e spirito pubblico che nasce dallo scetticismo verso ogni ipotesi di cambiamento, verso un sistema politico, affaristico e consociativo, tale da far della Sicilia una regione “senza governo e senza opposizione” (4).

Tuttavia, sperare si può, si deve. Anche attraverso una sorta di autocoscienza collettiva. Tutti devono riflettere sulle condizioni e le sorti future della Sicilia, ripensare le loro azioni. Tutti e di più. Anche i mafiosi, ossia coloro che rappresentano il “male assoluto”.

A questa gente, ferme restando le responsabilità penali, bisogna provare a chiedere di riflettere sugli errori e sugli orrori commessi, ponendosi dal punto di vista di chi li ha subiti, per capire il dolore degli altri e cambiare rotta.

Soprattutto dovranno meditare e cambiare registro tutti coloro che hanno abusato del potere loro conferito dalla legge e dagli elettori. Alla Sicilia bisogna offrire una nuova chance. Qualcosa si muove sotto la superficie di questo mare cupo e limaccioso. Si agitano insofferenze e fermenti di cambiamento, s’intravede come una linea di riscatto in emersione attorno alla quale aggregare e mobilitare forze e risorse in grado di spezzare il circuito dell’illegalità, per riacquistare il futuro.

Agostino Spataro

Note:

(1) Johann W. Goethe in “Viaggio in Italia”, Garzanti Editore, 1997

(2) Edmonda Charles Roux, “Oublier Palerme”, ed. Grasset, Paris, 1966

(3) Leonardo Sciascia “La Sicilia come metafora” (intervista di Marcelle Padovani),

Arnoldo Mondadori Editore, 1979

(4) A. Spataro in “La Repubblica” del 17/4/2004

Ato idrico

per domani mattina è stata convocata la riunione dell'ato idrico presenziata dal Presidente D'Orsi della Provincia Regionanle di Agrigento e i 42 comuni della provincia.

si attendono novità...

Rifiuti a Joppolo dopo manifesto Sindaco

PRIMA PARTE


sul fronte immondizia siamo ancora
in attesa di deliberazioni ufficiali da parte dell'Ato Rifiuti. e stiamo aspettando proprie queste deliberazioni per fare opportunamente le nostre considerazioni a riguardo... a riguardo del manifesto del Sindaco.

le decisione dell'ato rifiuti sembrano non essere ancora chiare ed operative, ma già ci giungono per vie brevi qualche nota stonata che forse è opportuno far sapere.

premetto intanto che:
Dopo le proposte autonome del Sindaco, l'Ato Rifiuti si sta spaccando la schiena ad accogliere le richieste!

una fra queste è quella di assicurare la raccolta differenziata 3 giorni a settimana. in altra sede voglio ricordare che si era pensato bene che bastava una volta alla settimana.

un'altra proposta è stata quella di non volere più tra i piedi il netturbino che manualmente pulisse ogni giorno le strade joppolesi. più precisamente il Sindaco ha suggerito che le strade vanno bene anche se pulite tre giorni alla settimana.

Forse che per gli altri 4 giorni ci sono sono già pronti bravi volontari sconosciuti per pulire il paese? se è così perchè il netturbino tre giorni sì e 4 giorni no? eliminiamolo per tutti i sette giorni! organizzando, infatti, un volontario al giorno potremmo riusciremo nell'intento.

Di volontari non ce ne sono. ma qualcuno ha detto che per i quattro giorni restanti a pulire il paese ci pensaranno i due operai addetti alla Raccolta Differenziata! Capiremo più in là se lo faranno dopo lo svuotamento dei cassonetti "vuoti" o solo nei giorni in cui non raccolgono il vuoto dei cassonetti! nel primo caso penso che il netturbino verrà fatto fuori.


Le richieste e le proposte alquantosono strane ed equivoche!
Hanno molto il senso "un corpu a vutti e unu u timpagnu!, ma con l'aggravante che il risultato è sempre lo stesso.
Da una parte bisogna pensare a far pagare meno ai cittadini, dall'altro gli operatori coinvolti non devono subire le conseguenze radicali del taglio dei servizi, dall'altro fronte ancora non si può assistere a due pesi e due misure!!!....

se ci pensate bene è così. ma mi viene di dire una cosa: " o le cose di fanno o non si fanno!"

comunque considerato che nulla ancora è stato definito e non c'è nulla di certo attendiamo ancora nuovi risvolti e questa volta sì che ci saranno grandi sorprese!!!

ATO IDRICO

ieri mattina si è insediato il Commissario nominata dall'ARRA che si sostituisce al Sindaco per la consegna degli impianti idrici.

giorno tre marzo si dovrebbe procedere ad una verifica di quanto consegnare e procedere alla consegna definitiva alla Girgenti Acque spa.

la cosa simpatica che sa dell'assurdo è che i nostri dipendenti incaricati a dare acqua devono per sei mesi insegnare a quelli della Girgenti acque come erogarci l'acqua. dopo i sei mesi gli danno il ben servizio e possono tornare a fare i dipendenti di joppolo. se non daranno più l'acqua che lavoro faranno, acqualori no! spazzini no!

penso che il comune si attiverà ad impiegarli in nuovi servizi!

comments

qualche problema tecnico ha impedito di postare i commenti !!!!

adesso tutto ok !!!!!

Mulino a Vento di Joppolo ???



è possibile che questa sia una foto vecchissima del nostro mulino o ventu di muntufanusu?

lunedì 23 febbraio 2009

Acqua, un affare che scotta

accolgo l'invito di un amico e vi suggerisco la lettura di quanto segue:

Il business del secolo in Sicilia

Acqua, un affare che scotta

Come gruppi economici e consorterie territoriali stanno appropriandosi delle risorse idriche di una regione che possiede tanta acqua mentre, per paradosso, ne patisce endemicamente la mancanza. La presenza discreta della multinazionale spagnola Aqualia. Le strategie della società catanese Acoset. L’anomalia del sudest.


In Sicilia i processi di privatizzazione dell’acqua che vanno dipanandosi negli ultimi anni si raccordano con una tradizione composita. Se si dà uno sguardo alla storia post-unitaria, si constata infatti che l’accaparramento delle fonti, delle favare per usare il termine di derivazione araba, ha scandito con regolarità l’evoluzione legale e illegale dei ceti che hanno esercitato dominio sull’isola. Il controllo delle acque ha consentito di lucrare rendite economiche e posizionali importanti, di capitalizzare, di chiamare a patti le autorità pubbliche, di condizionare quindi gli atti dei municipi, degli enti di bonifica, di altre istituzioni. E il canovaccio di tale affare, di rilievo appunto strategico, ancora oggi rimane tale, benché si faccia uso di strumenti e progettazioni non più a misura di un mondo agrario più o meno statico, ma di una realtà in profonda evoluzione, sullo sfondo delle economie globali. Si tratta di comprendere allora i modi in cui si coniugano oggi i due elementi, innovazione e tradizione, a partire comunque dal dato che anche in Sicilia si vive al riguardo un passaggio epocale, dopo il lungo tragitto delle aziende municipalizzate, che sempre e comunque hanno dovuto fare i conti con i signori delle fonti.
Nel quadro dei processi generali che hanno reso l’acqua una risorsa economica, una merce, che chiama in causa multinazionali potenti come Suez, Vivendi, Impresilo, RWE, la legge Galli del 5 gennaio1994 sugli ambiti territoriali ottimali, ATO, ha segnato una svolta rispetto al passato, puntando a eliminare la frammentazione che fino a quel momento aveva caratterizzato la gestione idrica nel territorio nazionale. Pur sottolineando sin dall’incipit il rilievo dell’acqua quale bene pubblico, ha posto nondimeno le basi per l’irruzione dell’interesse privato nella gestione dei servizi idrici degli ATO, con il ricalcolo di tale risorsa sotto il profilo economico. E tutto questo, se, come si diceva, non poteva non sommuovere, in senso lato, l’interesse della grande finanza, come testimonia negli ultimi anni il coinvolgimento di banche come l’Antonveneta, la Fideruram e altre ancora, ha finito con il sollecitare una pluralità di interessi, con l’esaltare anomalie esistenti e generarne di nuove, specie nel sud della penisola e in Sicilia, dove l’economia più di altrove è inficiata da mali strutturali, dove vigono appunto tradizioni tipiche, che rendono ineludibile l’ipoteca delle consorterie.
La posta in gioco in Italia è ovviamente altissima, potendo comprendere, fra l’altro, gli ingenti finanziamenti a fondo perduto che l’Unione Europea ha destinato a tali ambiti, perché vengano eliminati i gap che interessano il paese. Tanto più lo è comunque in regioni in cui le strutture e gli impianti esistenti scontano deficit strutturali, consolidatisi lungo i decenni. È il caso della Sicilia, dove l’EAS e le municipalizzate hanno gestito regolarmente impianti obsoleti, dove quasi tutti gli invasi recano vistosi segni d’incuria, le infrastrutture restano esigue, le condutture fatiscenti e in una certa misura da rifare. Il progetto di privatizzazione nell’isola ha potuto quindi fregiarsi di un obiettivo seducente, quello della modernizzazione dei servizi idrici che, dopo anni di attesa interlocutoria, è stato agitato come una sorta di rivoluzione dal governo regionale di Salvatore Cuffaro. E dal decisionismo, sufficientemente mirato, del ceto politico di cui l’ex presidente conserva in una certa misura la rappresentatività, corroborato comunque dai trasversalismi che insistono a connotare la vicenda pubblica nella regione, ha preso le mosse, negli ultimi anni, una sorta di caccia all’oro.
L’affare dell’acqua reca in Sicilia dimensioni inedite. Sono in gioco infatti 5,8 miliardi di euro, da amministrare in trenta anni, con interventi a fondo perduto dell’Unione Europea per più di un miliardo di euro. Dopo un primo indugio, dettato presumibilmente da ragioni di cautela, che ha visto comunque diverse gare andare a vuoto, la scena si è quindi movimentata, con l’irruzione di importanti realtà economiche, interne all’isola ed esterne. Una fetta cospicua dell’affare è stata avocata dalla multinazionale francese Vivendi, socia di maggioranza della Sicilacque spa, che, dopo la liquidazione dell’Ente Acquedotti Siciliani, ha ereditato la gestione di 11 acquedotti, 3 invasi artificiali, 175 impianti di pompaggio, 210 serbatoi idrici, circa 1.160 km di condotte e circa 40 km di gallerie. In diverse ATO si è già provveduto, altresì, alle assegnazioni. Nell’area di Caltanissetta si è imposta Caltaqua, guidata dalla spagnola Aqualia. A Palermo e provincia ha vinto il cartello Acque potabili siciliane, di cui è capofila Acque potabili spa, controllata dal gruppo Smat di Torino. Nell’area etnea la guida del Consorzio Ato Acque è stata assunta dalla catanese Acoset. Ad Enna ha vinto Acqua Enna spa, comprendente Enìa, GGR, Sicilia Ambiente e Smeco. A Siracusa vige la gestione mista della Sogeas, che vede presenti, con l’ente municipale, la Crea-Sigesa di Milano e la Saceccav di Desio. Ad Agrigento è risultata aggiudicataria la compagine Agrigento Acque che fa capo ancora ad Acoset. Negli altri ATO le gare rimangono sospese.
È la prima fase ovviamente, quella dei grandi appalti, che è preoccupante non solo per la virulenza con cui i poteri economici incalzano e mettono in discussione le istanze della democrazia, degradando un bene comune qual è l’acqua a merce, ma, di già, per i modi in cui evolvono le cose, in ossequio appunto a una data tradizione. In relazione più o meno diretta con grandi società estere e italiane interessate all’affare Sicilia, vanno muovendosi infatti ambienti economici discussi, a partire dai Pisante, le cui imprese risultano inquisite dalle procure di Milano, Monza, Savona e Catania per una varietà di reati: dal pagamento di tangenti all’associazione mafiosa.
Già coinvolta nell’isola in vicende legate agli inceneritori, tale famiglia si è mossa con intenti strategici. Si è inserita, tramite la controllata Galva spa, nel raggruppamento guidato da Aqualia, per la gestione idrica nel Nisseno. Partecipa con un buon 8,4 per cento alla società aggiudicataria nel Palermitano, Acque potabili siciliane spa. Tramite le società Acqua, Emit, e Siba detiene una discreta quota azionaria di Sicilacque che, come detto, ha rilevato dall’EAS il controllo delle grandi risorse idriche regionali. Ancora per mezzo della Galva partecipa altresì alla compagine vincente nell’Agrigentino, Girgenti Acque, di cui è capofila Acoset, che con Aqualia ha concorso in varie province. Ha invece perso nel Catanese, perché, l’AMGA spa, capofila della compagine entro cui correva, in competizione con Acoset, per l’aggiudicazione dell’ATO 2, è stata esclusa dalla gara.
Nelle mappe dell’acqua assumono altresì rilievo due noti imprenditori siciliani: l’ingegnere Pietro Di Vincenzo di Caltanissetta e l’ennese Franco Gulino, che vanno facendo non di rado gioco comune, pure di concerto con i Pisante. Il primo, cui sono stati confiscati beni per circa 300 milioni di euro, ha assunto la gestione dei dissalatori di Trapani, Gela, Porto Empedocle, Lipari e Ustica, indubbiamente strategica. È stato l’unico offerente nella gara per la gestione idrica di Trapani, poi sospesa. In competizione con le imprese di Caltaque, ha corso altresì per l’appalto ATO di Caltanissetta, dentro la compagine NissAmbiente, che comprendeva pure l’Altecoen di Franco Gulino. Quest’ultimo poi. Proprietario di un gruppo di quaranta società operanti in diverse regioni italiane, con interessi pure in Sud America, è stato rinviato a giudizio a Messina per concorso esterno in associazione mafiosa, per l’affare dei rifiuti di MessinAmbiente, che tramite l’Emit ha coinvolto pure i Pisante. Con l’Altecoen, che la stessa Corte dei Conti siciliana ha definito nell’aprile 2007 un’azienda “infiltrata dalla criminalità mafiosa”, si è introdotto nell’affare dei termovalorizzatori, per uscirne con ingenti guadagni. Ancora tramite l’Altecoen, è stato presente nella Sicil Power di Adrano, insieme con la DB Group, presente nei raggruppamenti guidati dalla catanese Acoset.
Tutto questo definisce evidentemente un ambiente, che fa da sfondo peraltro a fatti e atteggiamenti ancor più preoccupanti. Si tratta del lato più oscuro del processo di privatizzazione, di cui emergono un po’ le coordinate nelle dichiarazioni di un reo confesso, Francesco Campanella, ex presidente del consiglio municipale di Villabate, sulla costituzione del consorzio Metropoli Est, finalizzato al controllo delle acque in alcuni centri del Palermitano. Fatti sintomatici si rilevano comunque in quasi tutte le aree dell’isola: dall’Agrigentino, dove i sindaci di Bivona e Caltavuturo hanno denunciato le logiche dubbie invalse negli appalti di manutenzione, a Ragusa, dove sin dagli inizi della vicenda ATO è stato un crescendo di atti intimidatori. E si è ancora agli esordi.
In linea con le consuetudini, vanno delineandosi in sostanza due livelli: quello della gestione idrica in senso stretto, conteso da multinazionali e grandi società del settore, non prive appunto di oscurità, e quello dell’impiantistica, lasciato in palio alle consorterie territoriali, che recano ragioni aggiuntive, oggi, per porsi all’ombra di poteri estesi e ineffabili. Un quadro definito degli interessi potrà aversi comunque con l’entrata nel vivo degli ammodernamenti, nella danza di bisogni e pretese che sempre più verrà a stabilirsi fra appalti e subappalti. Solo allora l’obolo alla tradizione verrà richiesto con ampiezza: quando in profondo si tratterà di fare i conti con il privato che cova già nei territori, quando si tratterà altresì di saldare i conti con la parte pubblica, in sede municipale, provinciale, regionale.
In questa fase, in cui alcuni raggruppamenti recano caratteri di veri e propri cartelli, la logica prevalente rimane quella delle concertazioni a tutto campo, che traspare, fra l’altro, in certi movimenti mirati, prima e dopo le aggiudicazioni: tali da pregiudicare talora la linearità delle gare. Un caso esemplare, che ha avuto pure risvolti parlamentari, con una interpellanza del deputato Filippo Misuraca, è quello di Caltanissetta, dove la IBI di Pozzuoli, capofila della compagine esclusa dalla gara ATO, ha presentato ricorso contro Caltaqua, per ritirarlo appena avuta l’opportunità di inserirsi, con l’Acoset di Catania che l’affiancava, nel gruppo assegnatario, attraverso l’acquisizione di una quota cospicua dalla Galva del gruppo Pisante. Tutto questo, a dispetto delle leggi e delle direttive comunitarie, che vietano qualsiasi modificazione all’interno delle compagini vincenti.
Il processo di privatizzazione in Sicilia non sta recando comunque un decorso facile. Ha suscitato tensioni politiche, tali da rendere difficoltose le aggiudicazioni, mentre ha agitato la protesta delle popolazioni, allarmate dai rincari dell’acqua che ovunque ne sono derivati. Per tali ragioni a Trapani e Messina le gare rimangono sospese, con rischi di commissariamento dei rispettivi ATO, mentre a Ragusa si è arrivati addirittura a un ripensamento, per certi versi un dietro-front, che ha coinvolto gran parte dei sindaci dell’area. E proprio la vicenda di quest’ultima provincia segna nel processo una vistosa anomalia.
Sotto il profilo economico, il sudest, da Catania alla provincia iblea, reca tratti distinti. È la sede principale delle colture in serra, lungo i percorsi della fascia trasformata. È area d’insediamento di grandi centri commerciali, con poli importanti a Misterbianco, Siracusa, Modica e Ragusa. È territorio di una banca influente, la BAPR, che riesce a collocarsi oggi, per capitalizzazione, fra le prime venticinque banche in Italia. In virtù dell’integrazione cui può godere, sempre più va facendosi altresì un’area di forte interlocuzione economica, a tutti i livelli, con risvolti operativi non da poco. Se ne hanno riscontri nella politica concertata dei poli commerciali, quelli indicati appunto, e tanto più negli accordi strategici che vanno maturando nel mercato immobiliare, nella grande distribuzione alimentare, nel mercato ittico, nella costruzione di opere pubbliche, infine, dopo la svolta della legge Galli e le sollecitazioni dal governo regionale, nello sfruttamento privato delle acque. In quest’ultimo ambito infatti la catanese Acoset, ponendosi a capo di un raggruppamento coeso, ha deciso di guadagnare terreno oltre il territorio etneo, mentre la Sogeas di Siracusa, pur avendo introdotto soci privati, cerca di mantenere, al momento, un contegno più prudente.
Negli ultimi anni la società catanese è stata al centro di numerose contestazioni, da parte di enti e comitati di cittadini che ne hanno denunciato, oltre che i canoni esosi, le carenze di controllo. Il caso più clamoroso è emerso nel 2006 quando nell’acqua da essa erogata in diversi centri sono state rilevate concentrazioni di vanadio nocive alla salute. La Confesercenti di Catania è intervenuta con esposti ad autorità competenti e al Ministero della Salute. Il comune di Mascalucia ha aperto in quei frangenti un contenzioso, negando la potabilità dell’acqua. Per la mancata erogazione in alcuni centri, l’azienda è stata inoltre censurata dal Codacons e, in un caso almeno, è stata indagata dalla magistratura etnea. A dispetto comunque di simili “incidenti”, che definiscono il piglio dell’azienda mentre incrinano, in senso lato, le sicurezze sulle qualità del servizio privato, l’Acoset, potendo contare su alleati idonei, ha assunto i toni e le pretese di un potere forte.
Nata nel 1999 come azienda speciale, che ai fini della gestione idrica consorziava venti comuni pedemontani, l’impresa presieduta dal geometra Giuseppe Giuffrida si è trasformata nel 2003 in società per azioni, con capitale pubblico e privato. Nello slanciarsi lungo la Sicilia, ha stabilito rapporti con ambienti economici mossi. Nella compagine di Girgenti Acque, di cui è capofila, ha associato la Galva del gruppo Pisante e una società che fa capo alla famiglia Campione, discussa per vicende che ne hanno riguardato un componente. Nel medesimo tempo, con le movenze tenui che accomunano tante imprese dell’est siciliano, l’Acoset è riuscita ad aver voce negli ambiti decisionali che più contano nell’isola. Un test viene ancora dall’Agrigentino, dove, malgrado l’opposizione di ventuno sindaci, che avevano chiesto l’annullamento dell’aggiudicazione, la società catanese è riuscita a mettere le mani comunque sull’affare idrico, con la condivisione forte del presidente provinciale degli industriali, Giuseppe Catanzaro, del direttore generale in Sicilia dell’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, Felice Crosta, del presidente della regione Cuffaro.
Pure i numeri sono quindi divenuti quelli di un potere in evoluzione. Quale socio privato dell’ATO 2 di Catania, l’impresa eroga l’acqua a 20 comuni etnei, per circa 400 mila abitanti. Da capofila della società Girgenti Acque ha sbaragliato potenti società italiane ed estere, come Aqualia appunto, aggiudicandosi un affare che le farà affluire in trenta anni 600 milioni di euro, di cui circa 100 milioni dall’Unione Europea. Con una quota minima, ceduta dalla Galva dei Pisante, risulta presente nel gruppo Caltaqua, aggiudicatario della gestione idrica del Nisseno. Sin da quando si è profilato il business della privatizzazione, con un raggruppamento d’imprese che comprende pure la BAPR, ha deciso di puntare altresì a sud, gareggiando ancora con la multinazionale iberica, per assicurarsi la gestione dei servizi idrici di Ragusa, che recano una posta di oltre mezzo miliardo di euro, di cui circa 100 mila della UE. Se avesse centrato tale obiettivo oggi avrebbe in pugno un quinto circa dell’intero affare siciliano.
I giochi apparivano fatti. Delle tre società concorrenti, Saceccav, Aqualia e Acoset, la prima, che concorreva già per insediarsi all’ATO di Siracusa, è stata esclusa dalla gara per motivi che sono apparsi sospetti, tali da indurre uno dei commissari, il prof. Francesco Patania, a dimettersi e presentare un esposto alla procura di Ragusa. La seconda, che di lì a poco avrebbe avocato a sé la gestione idrica del Nisseno, per certi versi si è ritirata perché non ha risposto all’invito della commissione di dichiarare se persisteva il suo interesse alla gara. La compagine di Acoset, che al medesimo invito ha risposto affermativamente, aveva quindi ragione di sentirsi vincitrice. Le cose sono andate tuttavia in modo imprevisto. La maggioranza dei sindaci, che nel giugno 2006 si erano espressi a favore della gestione mista, pubblico-privata, nella seduta del 26 febbraio 2007 hanno deciso di avviare infatti la procedura di annullamento della gara perché difforme alle direttive dell’Unione Europea. E il 2 ottobre del medesimo anno la gara è stata annullata. Ma perché è avvenuto tale ripensamento e, soprattutto, quali giochi reggevano, e reggono tutt’ora, l’affare acqua del sud-est?
Lo schieramento di Acoset per l’ATO di Ragusa reca conferme di rilievo e qualche accesso. Rimane forte la presenza catanese, con Acque di Carcaci, Acque di Casalotto e la COESI Costruzioni Generali. Con opportuni scambi posizionali vengono altresì confermate, perché strategiche, due presenze: la IBI di Pozzuoli, con cui nel Nisseno la società catanese ha condotto l’operazione di trasbordo in Caltaqua, che ha suscitato allarme nella Sicilia tutta e prese di posizione parlamentari; la DB Group che, tramite la Sicil Power, costituisce un punto di contatto fra l’Acoset e il gruppo di imprese che fa capo alla famiglia Pisante. Inedita è invece, ma pure sintomatica, la partecipazione della BAPR, che meglio di ogni altra realtà compendia il potere finanziario del sudest. La banca iblea ha fatto una scelta anomala, per certi versi controcorrente, dal momento che nessun altro istituto di credito dell’isola ha deciso di porsi in campo. Ma l’ha fatta a ragion veduta.
Nel quadro degli scambi che vigono nell’est siciliano, la BAPR costituisce una presenza di peso, in grado di interloquire con tutte le economie, a partire comunque da quelle legate all’edilizia e all’innovazione agricola. Reca una dirigenza solida, attenta alla tradizione, non priva tuttavia di impeti modernistici, che tanto più si avvertono nell’attivismo di Santo Cutrone, consigliere di amministrazione, costruttore, componente della giunta CCIIA di Ragusa, vice presidente siciliano dell’ANCE. Forte dei ruoli rivestiti, Cutrone ha potuto stabilire relazioni da vicino con l’imprendtoria catanese, inclusa quella legata all’acqua. Con la CG Costruzioni, di cui è proprietario, ha fatto affari comuni con l’ingegnere Di Vincenzo, con la costituzione di una ATI, associazione temporanea d'impresa, che ha concorso in numerose gare, dal comune Misterbianco al porto di Pozzallo. Quale presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Costruttori si è esposto in favore della privatizzazione dell’acqua a Ragusa, mentre, a chiusura del circolo, ha sostenuto nell’intimo della BAPR le ragioni, infine vincenti, della scesa in campo con Acoset.
In considerazione di tutto questo, i conti dell’acqua, nella declinazione del sudest, tornano con pienezza. La società guidata da Giuseppe Giuffrida, che ha accettato la sfida dei giganti europei, ha avuto buone ragioni per imbarcare la banca siciliana, ravvisando nel prestigio e nell’influenza della medesima una carta spendibile ai fini dell’aggiudicazione del mezzo miliardo di euro in palio. Dal canto suo la BAPR, sospinta dal protagonismo di Cutrone, si è risolta a rivendicare una propria ipoteca, la prima, sull’affare del secolo, sulla scia peraltro di taluni gruppi finanziari, per consolidare sotto la propria egida l’asse economico Ragusa-Siracusa-Catania. Come si evince dalle movenze, tutti i protagonisti della compagine, da Acoset a IBI, da DB Group all’istituto ibleo, hanno comunque ben chiaro che la conquista del centro-partita nella cuspide iblea può costituire un incipit per ulteriori affari, tanto più dopo lo scoccare del 2010, quando, con l’apertura dell’area di libero scambio, il territorio del sudest, in virtù dell’esposizione che reca sul Mediterraneo, diverrà strategico.
In definitiva, nella Sicilia più a sud si è giocato per vincere, a tutti i costi. Il coinvolgimento della BAPR ne è una prova. E Acoset, con le sue alleate, avrebbe vinto se, dopo la decisione assunta dai sindaci dell’ATO in favore della privatizzazione, nel giugno 2006, non fossero accaduti degli incidenti, privi di riscontro in Sicilia, per certi versi quindi imprevedibili. Un pugno di ragazzi, fondatori di un giornale in fotocopia, “Il clandestino”, hanno deciso di mettersi di traverso, suscitando una resistenza corale, che ha incrociato lungo il suo cammino Alex Zanotelli, l’Antimafia di Francesco Forgione, il Contratto Mondiale dell’acqua di Emilio Molinari, la CGIL di Carlo Podda. Dalle cronache, in Sicilia e nel paese tutto, la storia è stata registrata come una esperienza esemplare, cui si sono coinvolti dirigenti sindacali come Tommaso Fonte, Franco Notarnicola, Nicola Colombo e Aurelio Mezzasalma, esponenti politici come Marco Di Martino, esponenti dell’associazionismo come Barbara Grimaudo. La battaglia dell’acqua, nel sudest siciliano, rimane comunque aperta, con i poteri forti che insistono a lanciare i loro moniti, mentre vanno preparandosi all’ultimo decisivo assalto.

Carlo Ruta


Fonte: “Narcomafie”, gennaio 2009

Andrea Camilleri Anonimo Cercasi



nuovi racconti sono presenti nell'area dedicata.

Tubercolosi a Joppolo - aggiornamenti

due cose:
1) sono negativi i primi test sui ragazzi della scuola media!!!

2) è confermato che mercoledì sera alle ore 21:00 si terrà al centro sociale di joppolo una assemblea aperta a tutti i cittadini in presenza delle autorità sanitarie (ufficiale sanitario in primis) per fare il punto della situazione sulla tubercolosi a joppolo.

domenica 22 febbraio 2009

Tributo al Prof Onofrio Lo Dico ancora ancora

Immagine di baldarella
Immagine di baldarella

baldarellaha scritto:

La città di Agrigento perde uno dei suoi cittadini più pregevoli,il microcosmo liceale uno dei suoi uomini più valenti.
Onofrio Lo Dico è stato un professore colto,paterno,comprensivo,serafico,sempre lontano da quella boria che i suoi meriti culturali gli avrebbero perfino consentito.
Mi riesce difficile elencare integralmente le qualità di un uomo di tale spessore,il tutto è reso ancor più complesso dalla considerazione che forse la più grande delle sue doti è stata proprio l'umiltà,la voglia di agire rettamente mai mossa da protagonismo.
Mi auguro che il suo ricordo possa spronare tutti noi ad emularne lo stile e la correttezza.

Ciao Professore

6 Feb.
Immagine di giuseppe cozzo
Immagine di giuseppe cozzo

giuseppe cozzoha scritto:
io non ho avuto il piacere di conoscerlo, anche se penso che potesse a pieno titolo annoverarsi nella casta dei tanti protagonisti della nostra adolescenza. Mi unisco al vostro ricordo e mi prometto di meglio conoscere il poeta dato che l'uomo me lo sono perso....
5 Feb.
Immagine di Vi
Immagine di Vi

Viha scritto:
Overlord..... complimenti per il tempismo!
Commentare il ricordo di una persona con;

"Sono passato a trovarti per caso, e se tu vuoi vienimi a trovare nel mio blog intitolato "E mica posso fa tutto io..."
Un blog dove anche tu puoi mandare in ferie chi vuoi!! Sono sicuro che anche te avrai moltissime dediche da mandare...fatti un'idea, il divertimento è garantito!!"

e po.... ma cu minchia si..? uà...!!
5 Feb.
Immagine di Vi
Immagine di Vi

Viha scritto:
Un Uomo semplicemente speciale..
Bellissime parole per una bellissima persona...
Il MIO Preside.. il MIO ricordo del Liceo Classico "Empedocle"...
Impossibile pensare al liceo classico e non pensarci..
una persona che riusciva sempre ad insegnarti qualcosa... anche prendendoti a "male parole"..
una persona che si preoccupava semplicemente di tutti..
una persona che sapeva far diventare interessante anche i più noiosi argomenti..
una persona che riusciva a spiegarti con due semplici parole ciò che " L'Istrione Errante" spiegherebbe in almeno un paio di ore...
una persona che ti voleva bene... e lo sentivi...
una persona a cui volevo bene... e non potevo in nessun modo non dimostrarlo..
un caldo abbraccio ad un ricordo meraviglioso...

P.S. chiedo perdono per il modo di scrivere.. ma io sono vicè .... e lo scrivere nn è cosa mia... :-D

Tributo al Prof Onofrio Lo Dico ancora...

05/02/2007
E' STATO MEGLIO LASCIARCI CHE NON ESSERCI MAI INCONTRATI
Mi preme ricordare un uomo che non c'è più. Mi preme ricordare chi ha speso la propria dedizione per un lavoro nobilissimo quale quello di forgiare gli animi ed arricchire le coscienze. Il mestiere più duro del mondo. L'altro giorno, 2 febbraio 2007, se n'è andato il Prof. Onofrio Lo Dico, con il silenzio dignitoso e la discrezione che lo hanno sempre caratterizzato. Se n'è andato un valido insegnante, un uomo di cultura, un importante critico sciasciano, un sentito e profondo poeta siciliano. Se n'è andato, soprattutto, il vicepreside del Liceo Classico "Empedocle". Si è sorbito i nostri scioperi, le nostre stupide goliardie adolescenziali, perfino la nostra occupazione di quel "caldo" dicembre della riforma Moratti. Il tutto dovendo colmare l'assenteismo del caro preside, incapace di assumere ferme posizioni, di esperire credibili mediazioni in ogni situazione che richiedesse un minimo di serietà e decisione. E lui invece era sempre lì, a controbatterci, a placarci, a rimbrottarci, a spiegarci. E' stato il MIO vicepreside. Del MIO Liceo Classico "Empedocle". Quel liceo fondato nel 1861 che dopo 150 anni non smette ancora di esistere e resistere (sorvoliamo a cosa debba opporre resistenza). Nei cui banchi si sedettero Luigi Pirandello, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Andrea Camilleri. Nelle cui aule questo povero Istrione canterino, quanto mai lontano dalle vette dei suddetti, s'innamorò della cultura classica, e con essa dell'Arte. La quale è IMMORTALITA'. Ed essendo io un sensale delle Muse eliconie, vorrei in nome loro conferire un frammento immortale in più al timbro di quest'uomo che, defunto, ha ormai solo questa voce: quella della lirica che gli animi infiamma e che mai si scioglie. Ma non avendo con me suo materiale, rinvierò alla prossima. In attesa di tornare ad Agrigento per recuperare i saggi su Sciascia e Vittorini e soprattutto "La Cenere dell'Albero", sua raccolta poetica pubblicata da Sciascia stesso, vi incollo alcuni dei link fra i vari in cui si trova del suo materiale:

http://80.22.205.87/bwnet/FormTIT.asp?IDS=16539&OPAC=ICMO
http://www.ulb.ac.be/philo/romanes/etudiants/archives/memoires_chrono.html#ancre1991 (Archivi dell'Università di Bruxelles)
http://catalog.lib.washington.edu:2082/search/dScience/dscience/-14,-1,0,B/frameset&FF=dsciascia+leonardo+technique&1,1,?save=b1016224 (Archivi dell'Università di Washington)
http://opac.regione.sardegna.it/SebinaOpac/Opac?sessID=7257EFDBAFE72662FF064E397CA50C96@1864ce8&action=documentview&docID=6
http://www.agrigentonotizie.it/notizie/leggi/4631.html
http://www.worldcatlibraries.org/wcpa/top3mset/5925baca41e9a6eea19afeb4da09e526.html
http://www.worldcatlibraries.org/search?q=au%3AOnofrio+Lo+Dico&qt=hot_author (Si elenca qui l'opera completa di Onofrio Lo Dico, con dettagli sulle pubblicazioni)
http://www.amicisciascia.it/articolo.asp?id=579
http://www.amazon.co.uk/s?ie=UTF8&keywords=lo&tag=545-21&index=books&pg=291&link_code=qs&page=1 (Ho stentato a crederci: LA CENERE DELL'ALBERO era in vendita anche su AMAZON)


ed, infine, un estratto dal sito di Andrea Camilleri dove si parla del liceo Empedocle ed in cui parla anche lo stesso Professore:

«Nel '65 furono assegnate 150 cattedre in tutta Italia, un concorso durissimo che aveva pure il tema in latino, ad Agrigento passammo in tre ed era una cosa grandiosa, ti guardavano come Domineddio», sorride il professor Onofrio Lo Dico, studente degli anni Cinquanta che all'Empedocle insegna latino e italiano da trentasei anni. È un poeta che Leonardo Sciascia pubblicò nella sua collana, i «Quaderni di Galleria». Allo scrittore di Racalmuto, come a Elio Vittorini, il professor Lo Dico ha dedicato pure dei saggi critici, «ma in quel periodo non lo frequentai, aveva una personalità molto forte e volevo esserne libero». Esile, lo sguardo profondo e mite, Lo Dico è un uomo che fa capire la differenza tra professore autoritario e autorevole, anche se lui non mostra di farci caso. Parla piano, medita le parole una ad una: «Qui conta ancora la persona, ecco, non sei una funzione. Magari ora è più consapevole. Di base c' è la considerazione che a un professore non viene mai negata, però non vuol dire: che in una città come Agrigento ci si sconosca tutti significa che possono farti pure a pezzi, il rispetto te lo devi guadagnare per quello che fai, ed è giusto così». Ci pensa un po' su, resta in silenzio, sillaba: «Quando ho cominciato c'era un consenso più vago, più neutro nei confronti degli insegnanti, ora la società è cresciuta e i ragazzi, le famiglie ti giudicano per quello che sei davvero». Peccato non ci sia ancora arrivata la scuola italiana, «ho consacrato la mia giovinezza allo studio, e ora? A casa ho tanti libri, collane che non si trovano più, testi che negli anni ho accumulato per le mie ricerche, e li ho pagati io. Già, il problema è sempre quello, lo stipendio. Oggi è come la notte in cui tutte le vacche sono nere, eppure non tutti gli insegnanti sono uguali, vale lo stesso delle altre professioni: ci sono dei medici che vorresti sempre avere a fianco e altri che nella vita ti auguri di non incontrare mai». Però chi lo merita ha l'affetto, il rispetto, la considerazione generale, «è l'unica cosa che ti fa andare avanti». Le lezioni non sono ancora iniziate, si parte il 22, e nell'atrio della scuola, accanto all'immancabile busto di Empedocle, gli studenti fanno il mercatino dei libri e salutano gli insegnanti di passaggio, «salve pressò». Nella biblioteca della scuola c'è un libro di poesie di Lo Dico, una è dedicata proprio a loro: «La mattina / davanti i cancelli di scuola / tornano i ragazzi dolci di sonno».


Ed ogni giorno che cominciava, col sonno perso dietro le palpebre aperte a forza, entravamo nell'atrio e riempivamo i banchi come zattere in quel naufragio di aule. Ed alla fine della 3a ora, quando per quindici minuti si dimenticavano i professori e ci si riversava nei corridoi, come un torrente gli alunni andavano al bar o a nascondersi delle prime sigarette. Ed anche lui era lì, fra quei SILENTI personaggi che mi hanno formato con parole affascinanti e strane, dal suono arcano. Anche lui lì e, pur non essendo un mio professore, mi diede preziosi consigli e validi insegnamenti: non dimenticherò mai i suggerimenti sull'attenzione da porre nel pubblicare i propri primi lavori, per non compromettersi; ricordo come nettamente stroncò la prima bozza della lettera aperta che scrissi a nome del Liceo Empedocle in occasione dell'11 settembre 2001, bozza da lui definita "un esoso sfoggio culturale"; e fu così che, nel fulgore giovanile delle mie prime esperienze scritturali, imparai dosare le parole, e la revisionai. E così le piccole spiegazioni sulla poesia e su Sciascia, il consiglio di leggere Camus, in ispecie "La Peste", che lui un giorno giudicò "così denso e superbo". E adesso ho pubblicato i miei primi racconti. Adesso sto leggendo Sciascia, sentendolo vicino , il caro vecchio 'Nardo, come un anziano padre che ha visto tanto, sentito altrettanto e vuole raccontare ai propri figli. E avrei tanta voglia di rubarti un pizzico di quella grande conoscenza che agli altri imprimevi e dentro te serbavi, caro Onofrio. Vorrei tanto domandartelo, se ti piacciono quei racconti, o se qualche parola fuori posto va ancora limata; vorrei tanto domandarti cosa abbia pensato Sciascia di questa terra vilipesa, ma da noi così tanto amata. Vorrei, e so che questo non sarà possibile perchè, dolorosamente, ci hai lasciati. Ma, come ai pochi grandi che ci è dato conoscere, quelli che lasciano il segno, quelli che non dimenticheremo, ti dico: è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati. Requiesca in Pace.



AGGIUNGO QUI IL LINK IN CUI POTER VEDERE IL SERVIZIO DI TELEACRAS CON INTERVISTE AL PROFESSOR LILLO SCIORTINO & AL PRESIDE GIUSEPPE PATTI:
http://www.youtube.com/watch?v=UicLIIY0oFk

Tributo al Prof Onofrio Lo Dico

Giorno 28 febbraio prossimo il Comune di Joppolo Giancaxio ha pensato di ricordare la memoria del prof Onofrio Lo Dico dedicandogli la biblioteca comunle. in attesa di dale data volevo anticiparvi la cronaca dei quotidiani e mass media che è seguita nel momento in cui il nostro compaesano è passato a vivere la dimensione della Vita Eterna.


14 febbraio 2007
Un ricordo del prof. Onofrio Lo Dico

L'avevo chiamato poco prima di Natale, volevo incontrarlo per mettere a punto con lui un'idea che avevo in mente. Desideravo il suo sostegno per un progetto ambizioso. Poi l'incontro è saltato. Oggi non sarà più possibile...

Onofrio Lo Dico è stato mio professore di lettere negli ultimi anni che ho trascorso al Liceo Classico Empedocle di Agrigento. Persona amabile, poeta squisito, professore straordinario, innamorato dei suoi studi, desideroso di trasmettere la sua conoscenza agli studenti.

Un profesore esigente, per lui non era sufficiente che gli studenti avessero in testa solo nozioni, voleva che entrassimo nella letteratura italiana, per gustarne la particolarità, per conoscerne la storia, per usarne le potenzialità espressive.

Non era semplice un compito in classe con lui. Ricordo il primo, pensavo fosse perfetto... invece era troppo banale, ma non c'erano errori, la traccia era stata rispettate, presi un modesto 6.
Poi capii l'errore, provai a cambiare stile, negli anni successivi andò bene. Per me era un onore meritare voti alti, ma non per il voto, quanto per l'autorevolezza di chi dava il giudizio.

Alla fine del secondo liceo, per l'estate che precede l'ultimo anno scolastico e gli esami di maturità, ci consigliò una caterva di libri da leggere: Foscolo, Vittorini, Bufalino, Levi, Pirandello, Verga.
Fu appassionante conoscere gli autori per le loro opere, e fu più facile studiare l'anno succesivo.

Il prof. Lo Dico si è spento il primo febbraio. Credo sia stata una perdita per la città di Agrigento, per gli studenti che anche fuori dalle aule scolastiche avrebbero potuto incontrarlo, per la cultura italiana.

Alcune opere della sua produzione letteraria: Autunno 1958, I fiumi sono secchi 1965, La nostra estate 1978, La cenere dell'albero 1982, il saggio su Leonardo Sciascia La fede nella scrittura 1990.

Nella foto la mitica III F del Liceo Classico Empedocle di Agrigento, anno scolastico 1999-2000. Il prof. Lo Dico è seduto al centro della foto.