venerdì 13 febbraio 2009

News - ATO IDRICO

è stato convocato il consiglio comunale in data 19-20 febbraio prossimo. i punti all'ordine del giorno sono relativi alle problematiche del servizio idrico. ogni giorno non manca articolo sul giornale per rappresentare sempre le problematiche e le varie situazioni che si vanno presentando in tale settore. pubblico lo schema di deliberazione che ben 25 comuni della nostra provincia stanno portando nei rispettivi consiglio comuali per l'approvazione. una attenta lettura vi aiuterà a coimprendere meglio i tanti aspetti della vicenda:

Schema di deliberazione proposto dal
Comitato dei sindaci della Provincia di Agrigento contrari alla privatizzazione del servizio iintegrato idrico per la riunione contemporanea di tutti i Consigli comunali della provincia di Agrigento da svolgersi il 20 febbraio 2009


Il Consiglio comunale
Premesso che
· con la legge n. 36/1994, denominata legge Galli, il Parlamento ha riscritto il sistema di gestione delle risorse idriche, istituendo gli ambiti territoriali ottimali ed il servizio idrico integrato e stabilendo l’affidamento di quest’ultimo ad un unico soggetto gestore, con lo scopo di razionalizzare e unificare la gestione di tutti i servizi connessi con l’uso delle risorse idriche, dalla fonte di approvvigionamento alla depurazione.
· Con l’art. 69 della legge n. 10/1999, l’Assemblea regionale siciliana ha recepito la legge Galli, ed attribuito al Presidente della Regione il compito di determinare gli ambiti territoriali ottimali (ATO) e le modalità della loro costituzione.
· Gli ATO siciliani, coincidenti con i territori delle nove province, sono stati determinati con i decreti del Presidente della Regione n. 114 del 16 maggio 2000 e n. 16 del 29 gennaio 2002; il decreto presidenziale n. 209 del 7 agosto 2001 ne ha stabilito le modalità organizzative.
· Ai sensi di quest’ultimo decreto, i Comuni e le Province regionali, al fine di coordinarsi per il raggiungimento delle finalità della legge, potevano optare per le forme organizzative della convenzione o del consorzio, rispettivamente previste dagli art.30 e 31 del D.lgs.vo n. 267/2000. Gli enti locali della provincia di Agrigento hanno optato per la costituzione del Consorzio e quest’ultimo è stato istituito con la deliberazione del Commissario ad acta n. 39 del 7 agosto 2002, con la quale sono stati approvati anche la convenzione e lo statuto.
· Gli organi del Consorzio hanno deliberato di affidare a privati la gestione del servizio idrico integrato dei 43 Comuni della provincia e per tale finalità hanno dato corso a ben tre gare di appalto, nelle quali è avvenuta la progressiva riduzione della cauzione da 37 a 5 milioni di euro e, di conseguenza, delle garanzie per il Consorzio.
· Oggetto dell’affidamento è stato anche l’insieme dei lavori previsto nel piano operativo triennale (POT), pur essendo quest’ultimo reputato carente e poco corrispondente al reale fabbisogno dei 43 Comuni, come è emerso in varie sedute dell’assemblea e del cda, come risulta, tra l’altro, dal verbale n. 4/2002 dell'Assemblea, nel quale si dà atto che “... il Consiglio di Amministrazione, pur avendo riscontrato l'assenza di alcuni dati e la non bancabilità del piano, all'unanimità ha deciso di approvare il piano, riservandosi successivamente di apportare le opportune modifiche”.
· Ancora prima che si deliberasse il bando della terza gara di appalto, era a tutti noto che la Voltano s.p.a., partecipata da 10 Comuni facenti parte dell'ambito territoriale (Agrigento, Aragona, Comitini, Favara, Joppolo Giancaxio, Porto Empedocle, Raffadali, San Biagio Platani, S. Angelo Muxaro, Santa Elisabetta), aveva da tempo in corso iniziative per partecipare alla gara in associazione temporanea con altre imprese, in particolare con la s.p.a. Acoset di Catania.
· Nonostante la denuncia di alcuni sindaci – in particolare dell’allora sindaco di Racalmuto – del conflitto di interessi strutturale e permanente che si sarebbe configurato, che si sarebbe riverberato negativamente anche sui deliberati con i quali era stata determinata la riduzione dell’importo della fideiussione - è stato deciso di svolgere ugualmente la gara.
L'esito di quest’ultima ha registrato la prevista aggiudicazione all' unica partecipante, l’ATI Girgenti acque spa, costituita dalle società Acoset s.p.a., Ibi idrobioimpianti s.p.a., Voltano s.p.a., Galva s.p.a., Serf s.r.l., G. Campione s.p.a, Tecnofin group s.p.a., Edilmeccanica G.Campione s.r.l., Sistet s.r.l., Costruzioni Salamone s.r.l., A.i.e.m. s.r.l., Aipa s.p.a., Delta ingegneria s.r.l..
· Accertato, attraverso vari pareri legali, l'ultimo dei quali reso dall'Ufficio legislativo e legale della Regione, il conflitto di interessi in capo ai Sindaci dei Comuni soci della Voltano S.p.A. e la conseguente situazione di incompatibilità, senza dare tempo all'assemblea di decidere in merito, con un telefax datato 21 dicembre 2006, veniva rivolta, dall'Agenzia regionale per i Rifiuti e le Acque, singolare diffida a deliberare sull'affidamento del servizio entro il 24 dicembre 2006, termine oggettivamente non congruo per l'adempimento oggetto della diffida.
· Il Presidente del Consorzio, omettendo di notificare regolarmente la diffida di cui sopra, disponeva, con un telegramma spedito alle ore 18.33 del 21 dicembre 2006 e recapitato nella tarda mattinata del 22 dicembre, di convocare l'assemblea in prima convocazione per le ore 23 dello stesso giorno ed in seconda per le ore 9 del giorno successivo, in violazione del termini stabiliti dallo statuto per la regolare convocazione dell' assemblea.
· Utilizzando come presupposto il presunto mancato adempimento da parte dell'assemblea - desunto, come è stato appena descritto, da una diffida e dalla successiva convocazione dell'assemblea, effettuate in modo del tutto arbitrario - il 28 dicembre 2006, con una inusitata solerzia, nel cuore delle festività natalizie, veniva decretata dall'A.R.R.A. la nomina di un Commissario ad acta.
Tale nomina è apparsa subito palesemente illegittima, per mancanza di fondato presupposto, (per quanto precedentemente esposto) e per violazione dell’Ordinamento regionale degli EE.LL., che, nonostante l’aggettivo sostitutivi con il quale si chiude il comma 5 dell’art. 7 della l. r. 22 dicembre 2005, n. 19, relativamente ai poteri attribuiti all’A.R.R.A., attribuisce il potere sostitutivo nei confronti dei Comuni esclusivamente all’Assessorato regionale agli EE.LL.: la nomina del Commissario ad acta, atto prepotente ed antidemocratico, ha procurato una lesione insanabile delle prerogative dei Comuni, tutelate dalla Costituzione e calpestate dal contestato provvedimento dell’Agenzia, con il quale i 43 sindaci agrigentini sono stati espropriati del potere di determinare autonomamente una scelta di fondamentale importanza per gli interessi della popolazione tutta della provincia di Agrigento. E cio, per di più, con atti viziati e contrastanti con la volontà della maggioranza dei sindaci facenti parte dell’Ato, come risulta dal punto successivo.
· Il 9 gennaio 2007 l'Assemblea del Consorzio, convocata su richiesta dei Sindaci, deliberava sull'affidamento del servizio con il seguente risultato: presenti al momento del voto, 29 Sindaci su 43, pari a quasi il 61 % del capitale azionario; voti favorevoli: 0; voti contrari 49,15%, astenuti 11,61%. Alla luce di tale risultato l'affidamento del servizio doveva ritenersi respinto ma, per una errata interpretazione dello statuto, la votazione è stata ritenuta infruttuosa. Prima di sciogliersi, l'assemblea deliberava comunque di riconvocarsi per esprimere una seconda votazione.
· Due giorni dopo veniva rappresentato al Presidente del Consorzio che la votazione del 9 gennaio era stata ritenuta infruttuosa per l'errata interpretazione dello statuto e che, a termini dello Statuto medesimo, doveva essere ritenuta valida ed efficace, ai fini del rigetto della proposta di affidamento, e veniva rivolta formale richiesta di convocazione dell'assemblea per la presa d'atto e la proclamazione del risultato della votazione.
· Nessuna valutazione, favorevole o contraria, è stata espressa dal Presidente dell'ATO e dal Commissario ad acta sulla predetta richiesta di riconsiderare l'esito della votazione, né il Presidente ha ritenuto di eseguire il deliberato dell’assemblea che lo obbligava ad una seconda convocazione.
· Il Commissario ad acta, nel frattempo illegittimamente prorogato con altro decreto dell'Agenzia, il 18 gennaio 2007 adottava atto sostitutivo, con il quale, senza pronunziarsi sulla contestazione relativa all'esito della votazione del 9 gennaio, senza esplicitare alcuna valutazione sugli acquisiti pareri in merito al conflitto d'interessi e senza tenere conto della volontà maggioritaria dell'assemblea contraria e, comunque, non favorevole all'aggiudicazione, deliberava di aggiudicare e di affidare il servizio.
· Il 29 gennaio 2007 veniva depositata presso la segreteria del Consorzio formale richiesta al Presidente dell'ATO di convocazione dell'assemblea, ai sensi dell'art. 9, comma 3, dello statuto, per trattare i seguenti punti all'ordine del giorno:
- Revoca della deliberazione del Commissario ad acta n. 1 del 18 gennaio 2007, avente ad oggetto "Approvazione esiti della gara per l'affidamento in concessione del Servizio idrico integrato ed aggiudicazione definitiva.
- Scelta della forma di gestione, ai sensi dell'art. 8 dello Statuto.
Il Presidente non adempiva alla richiesta dei Sindaci.
· Il successivo 31 gennaio 2007 numerosi Consigli Comunali della provincia di Agrigento, riuniti appositamente in seduta straordinaria urgente, deliberavano il seguente identico ordine del giorno:
a) di sostenere le azioni legali e politico–amministrative dei Sindaci, tese a vanificare l'atto prepotente ed antidemocratico dell'Agenzia dei Rifiuti e delle Acque e del Commissario ad acta; b) di aderire ad una pubblica manifestazione da tenere innanzi il Palazzo della Prefettura di Agrigento; c) di fuoriuscire dal Consorzio d’ambito e - in caso di mancato annullamento del provvedimento di affidamento del servizio idrico ai privati - di non consegnare gli impianti idrici comunali; d) di consegnare la deliberazione consiliare al Sig. Prefetto di Agrigento. Ciò che è avvenuto nella successiva manifestazione pubblica a carattere provinciale.
· L'Assemblea Regionale Siciliana nella seduta del 25 gennaio 2007 ha votato all'unanimità l'ordine del giorno n. 113, presentato dai deputati Borsellino-Panepinto-Cracolici, che stabiliva di sospendere tutti gli affidamenti del s.i.i., in attesa della riperimetrare degli ATO;
· Venivano presentati due distinti ricorsi innanzi al TAR: uno da parte del Consorzio d’ambito, per l'annullamento dei provvedimenti di nomina del Commissario ad acta; il secondo da parte del Comitato dei Sindaci contrari alla privatizzazione del servizio idrico, per l'annullamento degli atti di nomina del Commissario ad acta, del verbale n. 1/2007 del 9/1/2007 e della successiva nota del 12 gennaio 2007 con la quale il Presidente dell'Assemblea del Consorzio di Ambito aveva dato atto che, in ordine all'affidamento del servizio idrico integrato, non era stato raggiunto "il quorum necessario per rendere efficace la votazione, secondo quanto stabilito dall'art. 10 dello statuto" nonché per l'accertamento della validità della votazione relativa al terzo punto dell'ordine del giorno della seduta assembleare del 9 gennaio 2007, nel corso della quale il Consorzio ha validamente deliberato di non aggiudicare l'affidamento del servizio idrico integrato;
· Il TAR Palermo, valutando che il potere sostitutivo era stato esercitato dopo 28 giorni dalla diffida e che, in tale intervallo di tempo, l'assemblea si era riunita "senza giungere alla approvazione degli esiti di gara", rigettava la domanda cautelare (ordinanza n. 1111/2007);
· Il C.G.A. per la Regione Sicilia, con l'ordinanza n. 660 del 26 luglio 2007, accoglieva il ricorso cautelare con le seguenti motivazioni: “il ricorso di primo grado appare sorretto da elementi meritevoli di rapido approfondimento nel merito ex art. 23 bis, c. 3, della legge n. 1034/1971 (in particolare quanto alla dedotta illegittimità della nomina del Commissario); non sussistono, invece, i requisiti per la sospensione medio tempore degli atti impugnati, risultando prevalente, nella comparazione degli interessi in conflitto, quello all'immediato avvio e alla sollecita fruizione dei fondi comunitari; P.Q.M. Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie, nei limiti di cui in motivazione, l'appello in epigrafe e, per l'effetto, dispone la trasmissione della presente ordinanza alla Segreteria del TAR Sicilia Palermo per la fissazione dell'udienza di merito.”
· In sostanza il CGA ha ritenuto esistente il fumus boni iuris relativamente alla illegittimità della nomina del Commissario ad acta, ma non ha concesso la sospensiva degli atti impugnati, ritenendo di dover evitare il danno della perdita dei fondi comunitari previsti dal POR 2000-2006, dei quali tuttavia non era possibile e non è stato ad oggi utilizzato un euro.
· A seguito della superiore decisione, il Presidente convocava l'Assemblea del Consorzio il 10 agosto 2007 con all'ordine del giorno "Presa atto ordinanza del CGA. Modifiche ed integrazione dello schema di convenzione con il Gestore del servizio idrico integrato". Facendo riferimento ai giudizi in corso ed al parere reso dall’Ufficio legislativo e legale della Regione in merito all’incompatibilità dei sindaci soci della Voltano spa, il Presidente del Consorzio proponeva di inserire nel contratto da stipulare con la società aggiudicataria le seguenti clausole risolutive: “Le parti contraenti danno atto che, avverso il Decreto del Direttore Generale dell'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque della Sicilia del 28 dicembre 2006 di nomina del Commissario ad acta, è stato proposto dal Consorzio d'Ambito Territoriale Ottimale di Agrigento, innanzi al TAR Sicilia, Palermo, il ricorso n. 474/07 di Ruolo Generale e che, avverso il decreto di nomina commissariale suddetto ed avverso l'aggiudicazione in favore del Raggruppamento "Girgenti Acque", disposta dal Commissario ad acta con delibera del 18gennaio 2007 numero 1, è stato proposto dai Comuni di Palma di Montechiaro , Alessandria della Rocca, Bivona, Calamonaci, Camastra, Canicattì , cattolica Eraclea, Cianciana, Grotte, Lucca Sicula, Menfi, Montevago, Naro, Racalmuto, Ravanusa, Realmente, Ribera, S. Biagio Platani , S. Stefano Quisquina, Siculiana, S. Margherita Belice e Sambuca di Sicilia, innanzi al TAR Sicilia, Palermo, il ricorso recante il numero 449/07 del Ruolo Generale ove, dall'accoglimento di taluno dei ricorsi o dagli eventuali giudizi di secondo grado , derivi l'annullamento dell'atto di aggiudicazione, esso determinerà la conseguente risoluzione della presente Convenzione, il Gestore nulla avrà a pretendere dal Concedente a qualsiasi titolo di rimborso delle spese sostenute per addivenire alla stipula della presente Convenzione.
Viene, in ogni caso, fatto salvo il rimborso dell'importo delle opere completate, collaudate ed accettate, al netto del ribasso d'asta dei fondi pubblici a quella data erogati. Viene fatto salvo, altresì, il rimborso delle spese per gli interventi in corso di esecuzione, ancorché ancora non collaudati ed accettati, nei limiti delle utilità conseguite e/o conseguibili, al netto del ribasso d'asta e dei fondi pubblici a quella data erogati. La quantificazione dei suddetti rimborsi avverrà entro 6 (sei) mesi dalla risoluzione della presente Convenzione. Il Concedente porrà a carico del futuro gestore subentrante e/o a valere sui fondi pubblici l'importo relativo. Vengono, altresì, fatte salve le spese sostenute necessarie per l'avvio e la gestione del servizio in conformità con l'offerta presentata in gara dal Raggruppamento "Girgenti Acque", quantificate ai sensi delle normative vigenti, al netto dell'ammontare delle somme già riscosse come corrispettivo tariffario per la gestione del S.I.I., limitatamente al periodo di effettiva gestione.
La presente convenzione è, altresì, condizionata risolutivamente all'eliminazione del conflitto di interessi tra alcuni enti, i loro amministratori componenti dell’Assemblea del consorzio e la Società Voltano S.p.A., facente parte del raggruppamento aggiudicatario della procedura ad evidenza pubblica ed adesso della compagine societaria Girgenti Acque S.p.A. . Decorsi tre mesi dalla stipula della presente convenzione, prorogabili da parte del Concedente e su richiesta del Gestore, per comprovati motivi, una sola volta e per pari durata, qualora detto conflitto di interessi non sia stato del tutto risolto in capo alla Società Girgenti S.p.A. ed al suo azionista Società Voltano S.p.A., la presente convenzione dovrà ritenersi risolta, intendendosi che anche in questo caso il Gestore nulla avrà a pretendere dal Concedente a qualsiasi titolo ed, in particolare, né a titolo di risarcimento danni, sia per il lucro cessante che per il danno emergente, né a titolo di rimborso delle spese sostenute per addivenire alla stipula della presente Convenzione. Il Concedente, nel caso in cui si verifichi una delle condizioni risolutive di cui alla presente convenzione, si riserva di richiedere al Gestore la prosecuzione del servizio sino all'espletamento degli adempimenti di legge per la selezione del nuovo Gestore e la stipula di nuova Convenzione.
La condizione risolutiva di cui al primo comma si considera come non apposta nel caso in cui gli organi dell'Amministrazione concedente ritengano di ratificare gli atti del Commissario ad acta, oggetto di impugnazione.”
· Dopo diversi rinvii, a seguito di un lungo e teso dibattito assembleare, nella seduta del 12/10/2007 tale proposta di modifica della convenzione non è stata approvata. Si sottolinea come il Presidente del Consorzio d’ambito, al fine di poter stipulare il contratto con la Girgenti acque s.p.a., abbia ritenuto di apportare modifiche alla convenzione, addirittura per modificare la composizione dell'ATI aggiudicataria dell'appalto, allo scopo di eliminare il conflitto di interessi "tra alcuni enti e i loro amministratori componenti dell'Assemblea del Consorzio e la Società Voltano S.p.A."
· Anche la proposta di Revoca della deliberazione del Commissario ad acta n.1 del 18 gennaio 2007 avente ad oggetto “Approvazione esiti della gara per l'affidamento in concessione del servizio idrico integrato ed aggiudicazione definitiva”, posta all’esame dell’assemblea il 25 ottobre 2007, non è stata accolta.
· Il 27 novembre 2007, il Presidente del Consorzio d’ambito ha stipulato con l’amministratore delegato di Girgenti acque spa la convenzione per la gestione del s.i.i. del Consorzio ATO di Agrigento.
· Con decisioni del luglio scorso il Tar Palermo ha rigettato i ricorsi presentati dal Consorzio Ato e dal Comune di Palma di Montechiaro + 21 Comuni aderenti al Comitato in epigrafe
· Contro tale decisione, il Comune di Palma di Montechiaro, Alessandria della Rocca, Aragona, Bivona, Burgio, Camastra, Cianciana, Ioppolo Giancaxio, Licata, Menfi, Montevago, Montallegro, Naro, Realmonte, Ribera, S.Biagio Platani, S.Stefano Quisquina, S.Giovanni Gemini, S.Margherita Belice e Sambuca di Sicilia, hanno proposto ricorso al CGA e l’udienza per il provvedimento cautelare avrà luogo il prossimo 11 marzo.
· Con nota n. 1610 del 7 gennaio 2009, rispondendo ad apposita richiesta di attestazione “sui finanziamenti comunitari attivati per l’esecuzione delle opere idriche previste dal Piano d’ambito”, il Presidente dell’Ato ha precisato che “il gestore ad oggi non ha in corso di esecuzione opere previste dal POT”, con ciò confermando che non è stato attivato neanche un euro di fondi comunitari.
· Riassumendo la vicenda giudiziaria: il CGA ha ritenuto meritevole di accoglimento la richiesta di sospensione degli atti relativamente alla illegittimità della nomina del Commissario ad acta, ma non ha concesso la sospensiva per il paventato danno della perdita dei fondi comunitari; i fondi comunitari previsti nel POR 2000-2006 sono ormai inutilizzabili e non un solo euro di finanziamento è stato attivato. Ovvero il presupposto per il quale è stato ritenuto di non sospendere atti ritenuti meritevoli di sospensione non si è verificato; intanto la mancata sospensione di tali atti ha determinato la stipula della convenzione e la consegna del servizio, non caratterizzati dall’urgenza e derivanti da atti gravati, a giudizio del CGA, dal fumus di illegittimità.

Premesso, ancora, che
· a seguito della stipula del contratto, Girgenti acque s.p.a. ha iniziato, in numerosi comuni, la gestione del servizio idrico.
· Il soggetto gestore, in maniera alquanto inusuale, è stato avvantaggiato dalla stipula di una convenzione con l’E.A.S. (ente in liquidazione), a seguito della quale si è potuto avvalere della prestazione lavorativa dei dipendenti EAS; tuttavia l’avvio della nuova gestione ha determinato quotidiani disservizi, inefficienze, mancati interventi di riparazione di condotte, proteste di cittadini, associazioni, amministratori comunali, di cui hanno dato notizia, quotidianamente, tutti gli organi di informazione della provincia.
· L’attività di affiancamento da parte delle maestranze EAS, che nel frattempo ha maturato crediti nei confronti di Girgenti acque spa per 1.500.000,00 di euro è prossima a scadere, con la prevedibile conseguenza di aggravare il marasma nella gestione del servizio nei comuni interessati.
· I sindaci di Sambuca di Sicilia e Camastra, comuni il cui servizio idrico era precedentemente affidato all’EAS, per assicurare la distribuzione dell’acqua, hanno addirittura dovuto adottare ordinanza per motivi igienici e di ordine pubblico, assumendo a carico del Comune la gestione del servizio non reso dal gestore;
· Il Consorzio Tre sorgenti (costituito dai Comuni di Canicattì, Campobello di Licata, Grotte, Licata, Palma di Montechiaro, Racalmuto e Ravanusa), nel scorso mese di dicembre, ha depositato presso la sezione fallimentare del Tribunale di Agrigento, istanza di fallimento nei confronti di Girgenti acque s.p.a., per il mancato pagamento delle forniture idriche rese ai Comuni di Canicattì, Licata, Campobello di Licata, Ravanusa, Racalmuto e Naro nel periodo aprile-ottobre 2008, per l’importo complessivo di 1.200.000,00 euro. In esecuzione dell’ordine del giudice, Girgenti acque s.p.a, dovendo documentare la situazione contabile e finanziaria alla data dell’istanza di fallimento, ha presentato i bilanci relativi agli anni 2007 e 2008, dai quali emerge l’esposizione debitoria pari ad euro 13.500.000,00 euro, a fronte di presunti crediti, pari a circa 10.000.000,00 di euro, che dovrebbero derivare dalla riscossione delle bollette. Nella stessa udienza Girgenti acque s.p.a. ha dichiarato che il proprio organico ammonta a 17 unità.
· L’arrivo della prime bollette con imposizione forfetaria, comprendenti anche il canone di depurazione dove tale servizio non esiste (in violazione della sentenza della Corte Costituzionale n.355 del 15 ottobre 2009) ha sollevato proteste in tutta la provincia, con il coinvolgimento delle associazioni dei consumatori e di altro tipo, a seguito delle quali si è dovuto mobilitare il cda dell’Ato.
· Analoghe proteste hanno riguardato la preclusione all’accesso, per la mancata attivazione di uffici nei comuni serviti, e l’esosità dei preventivi per nuovi allacci.
· Ad oggi Girgenti acque spa non ha promosso alcun investimento per la realizzazione delle opere previste nel POT e per mettere in campo un piano di gestione aziendale efficiente, finalizzato a contenere le perdite e a migliorare il servizio, al punto che il Comune di Agrigento, seguito da quello di Palma di Montechiaro, si è dovuto rivolgere alla Protezione civile per ottenere la promessa dei finanziamenti e l’esecuzione degli interventi per il rifacimento della rete idrica cittadina;
· Da quanto sinteticamente descritto emerge la gravissima situazione di sistematico inadempimento contrattuale.
· Nell’art. 2, paragrafo 1, della convenzione è esplicitato che il concedente affida al gestore per l’esecuzione del servizio idrico tutti i beni e le opere “nello stato di fatto e di diritto in cui si trovano”; pertanto il gestore era perfettamente consapevole dello stato delle infrastrutture idriche della provincia di Agrigento.
· L’articolo 2, paragrafo 3, precisa che “la gestione è a rischio e pericolo del gestore” e il paragrafo 4 specifica che il servizio idrico “ha i caratteri del servizio pubblico essenziale”.
· L’articolo 4, paragrafo 1, precisa che “il gestore è responsabile del buon funzionamento dei servizi a decorrere dalla data di presa in consegna di opere e impianti a ciò afferenti” ed il paragrafo 3 ribadisce che “grava sul gestore la responsabilità derivante dalla gestione delle opere affidate”;
· Che l’articolo 6, paragrafo 3, dispone espressamente che “il gestore si impegna ad assumere il personale individuato nel piano d’ambito entro 12 mesi dalla sottoscrizione della convenzione”, ma a dicembre, come documentato, Girgenti acque spa disponeva di appena 17 dipendenti, organico assolutamente inadeguato per la gestione del servizio preso in affidamento.
· Che l’art. 7, paragrafo 3, dispone che “il gestore è tenuto a curare, in nome e per conto del concedente, le pratiche necessarie alla regolarizzazione delle concessioni di acque per uso potabile”, ma alla data odierna non risulta alcuna iniziativa al riguardo.
· Non risulta che il gestore abbia provveduto, nei termini previsti all’art. 8 paragrafo 3 della convenzione (6 mesi), alla redazione dell’inventario dei beni e delle obbligazioni.
· L’art. 23 della convenizone stabilisce che il gestore, entro sei mesi dalla sottoscrizione del contratto, avrebbe dovuto predisporre la “Carta di Servizio”;
· Che l’art. 24 stabilisce il termine di 3 mesi per la predisposizione, da parte del gestore, del Regolamento del servizio idrico integrato, perché sia approvato dal concedente.
· L’art. 26 della convenzione pone obbligo al gestore di adottare, entro sei mesi, il Sistema di qualità e relativo, secondo le norme Uni En Iso 9000 e di ottenere, entro 12 mesi, la relativa certificazione.
· L’art. 28 della convenzione pone obbligo al gestore di predisporre, entro dodici mesi, il piano per la razionalizzazione ed il miglioramento del servizio, comprendente anche la ricerca delle perdite idriche e fognarie.
· L’art. 38, paragrafo 1 della convenzione di gestione prevede che “il concedente potrà invitare il gestore, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1454 c.c., a porre rimedio alle inadempienze entro un congruo termine, comunque non inferiore a 15 giorni nei casi di ripetute gravi deficienze nella gestione del servizio e ripetute gravi inadempienze ai disposti della stessa convenzione” e che decorso infruttuosamente il termine assegnato il contratto è risolto di diritto;
· Il paragrafo 2 della stessa norma prevede che il contratto si risolve di diritto nel caso in cui “si interrompa, per colpa o dolo del gestore, il servizio di acquedotto o quello di smaltimento o depurazione delle acque reflue per una durata superiore a 3 giorni consecutivi, per una parte significativa del territorio”.
· Infine, nell’art. 44, p. 3, della convenzione è precisato che “le parti si impegnano ad istituire un collegio di tre giuristi(…), che indichi entro e non oltre 6 mesi dalla stipula le soluzioni idonee, da adottare entro e non oltre i 6 mesi successivi, pena la risoluzione della convenzione, ad evitare che dall’affidamento del s.i.i. derivino, avuto riguardo all’attuale compagine societaria di Voltano spa, difficoltà di funzionamento dell’assemblea del Consorzio ed all’attività del Consorzio stesso. Anche di tale adempimento, che impegna reciprocamente concedente e concessionario non si ha notizia.

Considerato che
· Il quadro descritto rende evidente che Girgenti acque s.p.a., con le deficienze economico-finanziarie e tecnico-organizzative manifestate, non è assolutamente in grado di gestire, assolvendo agli obblighi contrattuali assunti, il complesso e vitale servizio che le è stato affidato. D’altra parte, non è da trascurare la circostanza che due tra le principali imprese associate sono società pubbliche, di proprietà rispettivamente di comuni catanesi ed agrigentini, tutti in gravi difficoltà finanziarie, cominciando dal socio di maggioranza della capogruppo Acoset, il Comune di Catania, da tempo notoriamente in condizioni di serie e gravissime difficoltà economiche con pericolo concreto di dissesto finanziario.

Dato atto che
· nonostante il quadro dei disservizi e delle incapacità di cui sopra, a seguito del diniego dei Comuni di Raffadali, Burgio, Villafranca Sicula, Ribera e, ultimamente, Montevago, Menfi e Palma di Montechiaro a consegnare reti ed impianti idrici, l’Agenzia regionale per le acque ha nominato Commissari ad acta presso quei comuni, con provvedimenti reputati dai medesimi illegittimi ed impugnati innanzi al Tar, mentre a Burgio e Villafranca Sicula, la protesta dei cittadini non ha consentito l’insediamento dei funzionari dell’A.R.R.A;
· Che, in aggiunta ai predetti, anche altri comuni (Aragona, Bivona, Cianciana), anch’essi diffidati dall’Arra, non hanno consegnato gli impianti, motivando il loro diniego.

Dato atto, altresì, che

· Che cresce il movimento dei cittadini e degli amministratori locali per tornare indietro nei processi di privatizzazione del s.i.i., che, quasi ovunque in Italia, hanno portato ad aumento dei costi per gli utenti e peggioramento del servizio.
· Che, nell’ambito del movimento di cui sopra, recentemente è intervenuta la significativa decisione del Consiglio Regionale della Lombardia, che, nella seduta del 21 gennaio 2009, ha approvato il progetto di legge n. 291, modificando le norme precedenti e ripristinando la gestione pubblica del servizio idrico nella regione.
· Che il ripensamento e la riconversione in atto in tutta Italia sulla gestione del servizio idrico persegue l’obiettivo di ottimizzare il servizio, mantenendo fermo il diritto dei cittadini ad avere l’acqua e la sua gestione totalmente in mano pubblica.

Tutto quanto sopra premesso e considerato

- Vista la Costituzione della Repubblica italiana;
- Visto l'art. 1 della legge n. 36/1994, recepita in Sicilia dalla L.R. n. 10 del 1999, che così recita:
".....Tutela e uso delle risorse idriche:
1- tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa che è salvaguardata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà.
2- Qualsiasi uso delle acque è effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni future a fruire di un intero patrimonio aziendale.
3- Gli usi delle acque sono indirizzati al risparmio e al rinnovo delle risorse per non pregiudicare patrimonio idrico, 1a fauna e la flora acquatiche, i processi geomorfologici e gli equilibri ideologici.”
- Viste le vigenti leggi nazionali e regionali in materia;
- Visto lo Statuto Comunale
- Vista la Convenzione di gestione del S.i.i. del Consorzio di ambito territoriale ottimale di Agrigento (Rep. n. 29374 del 7.11.2007)

Propone
Al Consiglio Comunale di
1. chiedere al Presidente dell’ATO l’immediata convocazione dell’assemblea dei Sindaci, perché siano avviate le procedure per la rescissione o risoluzione della Convenzione di gestione del S.i.i. del Consorzio di ambito territoriale ottimale di Agrigento (Rep. n. 29374 del 7.11.2007), stipulata con Girgenti Acque s.p.a, per la insussistenza di capacità tecnico-finanziaria in capo alla società, presupposto per l’assunzione del servizio, e perché si sono manifestate ripetute e sistematiche violazioni delle norme contrattuali, con i ripetuti, diffusi, acclarati disservizi nella gestione del servizio affidato.
2. Chiedere al Presidente dell’ATO di sospendere e non dare corso ad ulteriori consegne di impianti a Girgenti Acque s.p.a, per scongiurare il ripetersi in altri Comuni, in atto gestiti direttamente dall’ente locale, dei gravissimi disservizi già manifestatisi in tutte le realtà nelle quali la predetta società ha ricevuto la consegna della gestione.
3. Avviare le procedure per l’integrazione o la modifica dello Statuto comunale al fine di affermare che la gestione dei servizi idrici non è da annoverare tra le attività che hanno rilevanza economica ai sensi del testo unico degli enti locali.
4. Aderire all’iniziativa promossa dal Comitato dei sindaci della provincia di Agrigento contrari alla privatizzazione della gestione del servizio idrico integrato per promuovere, con il concorso più ampio di altri comuni siciliani, un disegno di legge di iniziativa popolare, da presentare all’ARS ai sensi della L.R. n. 1/2005, per ripubblicizzare la gestione dell’acqua e restituire agli enti locali poteri e funzioni in materia, sostenendo anche la campagna per la raccolta delle firme.
5. Chiedere al Presidente della Provincia regionale di indire un referendum consultivo provinciale, ai sensi dell’art. 73, c. 2, dello Statuto della Provincia, per svolgere ampia consultazione tra tutti i cittadini della provincia, in merito alla gestione pubblica o privata del s.i.i.
6. Aderire alla petizione popolare che sarà svolta, nel mese di marzo, in tutti i Comuni della provincia, per sostenere le superiori richieste, promuovendo anche in questo Comune la più ampia partecipazione e sottoscrizione da parte dei cittadini della petizione medesima.
7. Aderire e partecipare alla manifestazione che avrà luogo il prossimo 28 febbraio ad Agrigento, invitando la popolazione tutta a partecipare con le proprie rappresentanze politiche, sociali, religiose, culturali, associative, perché diventi sempre più forte la protesta per ottenere che l’acqua, bene primario per la vita, la salute, l’equilibrio naturale, l’economia, sia sottratta a qualsiasi logica di mercato e di profitto e sia mantenuta nella gestione pubblica, seppure sottratta alle logiche clientelari e di potere che purtroppo hanno spesso caratterizzato la gestione pubblica medesima.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

E' una storia infinita che non credo avrà lieto fine per i cittadini di Joppolo Giancaxio, perchè con i felici interventi del primo cittadino, quelle che semprano cose facilmente o meno risolvibili, diventano mete irraggiungibili.
Che DIO ce la mandi buona, perchè solo Lui potrà dare un pò di luce al nostro piccolo centro.

Anonimo ha detto...

rispetto quello che dici, ma penso pure che i felici interventi del sindaco sembrano o appaiono mete irragiungibii perchè li ha pensate oggi e non nel momento giusto!!!
quando l'amico Cuffaro era un "Dio", lui non poteva affatto pensare di contraddirlo ed essere fra quelli che la pensavano diversamente!!!
che Dio ce la mandi buona... speriamo che qualcuno, intanto, lo convinca a rassegnarsi e non di non pensare troppo per gli interessi di questo piccolo paese. il suo troppo interesse ha già prodotto troppi benefici.
dobbiamo chiedere a qualche investigatore privato quali sono questi benefici e chi effettivamente ne ha beneficiato... lui in qualche modo sicuramente!!!!

felici interventi... ma fatemi il piacere.

Anonimo ha detto...

Ho trovato in giro sul web un'inchiesta sulla gestione dell'acqua in Sicilia. Si parla delle imprese che fanno parte di Girgenti Acque. te lo invio per completezza di informazione.

IL BUSINESS DEL SECOLO IN SICILIA
ACQUA, UN AFFARE CHE SCOTTA
COME GRUPPI ECONOMICI E CONSORTERIE TERRITORIALI STANNO APPROPRIANDOSI DELLE RISORSE IDRICHE DI UNA REGIONE CHE POSSIEDE TANTA ACQUA MENTRE, PER PARADOSSO, NE PATISCE ENDEMICAMENTE LA MANCANZA.

LA PRESENZA DISCRETA DELLA MULTINAZIONALE SPAGNOLA AQUALIA.

LE STRATEGIE DELLA SOCIETÀ CATANESE ACOSET.

L’ANOMALIA DEL SUDEST.

In Sicilia i processi di privatizzazione dell’acqua che vanno dipanandosi negli ultimi anni si raccordano con una tradizione composita. Se si dà uno sguardo alla storia post-unitaria, si constata infatti che l’accaparramento delle fonti, delle favare per usare il termine di derivazione araba, ha scandito con regolarità l’evoluzione legale e illegale dei ceti che hanno esercitato dominio sull’isola. Il controllo delle acque ha consentito di lucrare rendite economiche e posizionali importanti, di capitalizzare, di chiamare a patti le autorità pubbliche, di condizionare quindi gli atti dei municipi, degli enti di bonifica, di altre istituzioni. E il canovaccio di tale affare, di rilievo appunto strategico, ancora oggi rimane tale, benché si faccia uso di strumenti e progettazioni non più a misura di un mondo agrario più o meno statico, ma di una realtà in profonda evoluzione, sullo sfondo delle economie globali. Si tratta di comprendere allora i modi in cui si coniugano oggi i due elementi, innovazione e tradizione, a partire comunque dal dato che anche in Sicilia si vive al riguardo un passaggio epocale, dopo il lungo tragitto delle aziende municipalizzate, che sempre e comunque hanno dovuto fare i conti con i signori delle fonti.

Nel quadro dei processi generali che hanno reso l’acqua una risorsa economica, una merce, che chiama in causa multinazionali potenti come Suez, Vivendi, Impresilo, RWE, la legge Galli del 5 gennaio1994 sugli ambiti territoriali ottimali, ATO, ha segnato una svolta rispetto al passato, puntando a eliminare la frammentazione che fino a quel momento aveva caratterizzato la gestione idrica nel territorio nazionale. Pur sottolineando sin dall’incipit il rilievo dell’acqua quale bene pubblico, ha posto nondimeno le basi per l’irruzione dell’interesse privato nella gestione dei servizi idrici degli ATO, con il ricalcolo di tale risorsa sotto il profilo economico. E tutto questo, se, come si diceva, non poteva non sommuovere, in senso lato, l’interesse della grande finanza, come testimonia negli ultimi anni il coinvolgimento di banche come l’Antonveneta, la Fideruram e altre ancora, ha finito con il sollecitare una pluralità di interessi, con l’esaltare anomalie esistenti e generarne di nuove, specie nel sud della penisola e in Sicilia, dove l’economia più di altrove è inficiata da mali strutturali, dove vigono appunto tradizioni tipiche, che rendono ineludibile l’ipoteca delle consorterie.

La posta in gioco in Italia è ovviamente altissima, potendo comprendere, fra l’altro, gli ingenti finanziamenti a fondo perduto che l’Unione Europea ha destinato a tali ambiti, perché vengano eliminati i gap che interessano il paese. Tanto più lo è comunque in regioni in cui le strutture e gli impianti esistenti scontano deficit strutturali, consolidatisi lungo i decenni. È il caso della Sicilia, dove l’EAS e le municipalizzate hanno gestito regolarmente impianti obsoleti, dove quasi tutti gli invasi recano vistosi segni d’incuria, le infrastrutture restano esigue, le condutture fatiscenti e in una certa misura da rifare. Il progetto di privatizzazione nell’isola ha potuto quindi fregiarsi di un obiettivo seducente, quello della modernizzazione dei servizi idrici che, dopo anni di attesa interlocutoria, è stato agitato come una sorta di rivoluzione dal governo regionale di Salvatore Cuffaro. E dal decisionismo, sufficientemente mirato, del ceto politico di cui l’ex presidente conserva in una certa misura la rappresentatività, corroborato comunque dai trasversalismi che insistono a connotare la vicenda pubblica nella regione, ha preso le mosse, negli ultimi anni, una sorta di caccia all’oro.

L’affare dell’acqua reca in Sicilia dimensioni inedite. Sono in gioco infatti 5,8 miliardi di euro, da amministrare in trenta anni, con interventi a fondo perduto dell’Unione Europea per più di un miliardo di euro. Dopo un primo indugio, dettato presumibilmente da ragioni di cautela, che ha visto comunque diverse gare andare a vuoto, la scena si è quindi movimentata, con l’irruzione di importanti realtà economiche, interne all’isola ed esterne. Una fetta cospicua dell’affare è stata avocata dalla multinazionale francese Vivendi, socia di maggioranza della Sicilacque spa, che, dopo la liquidazione dell’Ente Acquedotti Siciliani, ha ereditato la gestione di 11 acquedotti, 3 invasi artificiali, 175 impianti di pompaggio, 210 serbatoi idrici, circa 1.160 km di condotte e circa 40 km di gallerie. In diverse ATO si è già provveduto, altresì, alle assegnazioni. Nell’area di Caltanissetta si è imposta Caltaqua, guidata dalla spagnola Aqualia. A Palermo e provincia ha vinto il cartello Acque potabili siciliane, di cui è capofila Acque potabili spa, controllata dal gruppo Smat di Torino. Nell’area etnea la guida del Consorzio Ato Acque è stata assunta dalla catanese Acoset. Ad Enna ha vinto Acqua Enna spa, comprendente Enìa, GGR, Sicilia Ambiente e Smeco. A Siracusa vige la gestione mista della Sogeas, che vede presenti, con l’ente municipale, la Crea-Sigesa di Milano e la Saceccav di Desio. Ad Agrigento è risultata aggiudicataria la compagine Agrigento Acque che fa capo ancora ad Acoset. Negli altri ATO le gare rimangono sospese.

È la prima fase ovviamente, quella dei grandi appalti, che è preoccupante non solo per la virulenza con cui i poteri economici incalzano e mettono in discussione le istanze della democrazia, degradando un bene comune qual’è l’acqua a merce, ma, di già, per i modi in cui evolvono le cose, in ossequio appunto a una data tradizione. In relazione più o meno diretta con grandi società estere e italiane interessate all’affare Sicilia, vanno muovendosi infatti ambienti economici discussi, a partire dai Pisante, le cui imprese risultano inquisite dalle procure di Milano, Monza, Savona e Catania per una varietà di reati: dal pagamento di tangenti all’associazione mafiosa.

Già coinvolta nell’isola in vicende legate agli inceneritori, tale famiglia si è mossa con intenti strategici. Si è inserita, tramite la controllata Galva spa, nel raggruppamento guidato da Aqualia, per la gestione idrica nel Nisseno. Partecipa con un buon 8,4 per cento alla società aggiudicataria nel Palermitano, Acque potabili siciliane spa. Tramite le società Acqua, Emit, e Siba detiene una discreta quota azionaria di Sicilacque che, come detto, ha rilevato dall’EAS il controllo delle grandi risorse idriche regionali. Ancora per mezzo della Galva partecipa altresì alla compagine vincente nell’Agrigentino, Girgenti Acque, di cui è capofila Acoset, che con Aqualia ha concorso in varie province. Ha invece perso nel Catanese, perché, l’AMGA spa, capofila della compagine entro cui correva, in competizione con Acoset, per l’aggiudicazione dell’ATO 2, è stata esclusa dalla gara.
Nelle mappe dell’acqua assumono altresì rilievo due noti imprenditori siciliani: l’ingegnere Pietro Di Vincenzo di Caltanissetta e l’ennese Franco Gulino, che vanno facendo non di rado gioco comune, pure di concerto con i Pisante. Il primo, cui sono stati confiscati beni per circa 300 milioni di euro, ha assunto la gestione dei dissalatori di Trapani, Gela, Porto Empedocle, Lipari e Ustica, indubbiamente strategica. È stato l’unico offerente nella gara per la gestione idrica di Trapani, poi sospesa. In competizione con le imprese di Caltaque, ha corso altresì per l’appalto ATO di Caltanissetta, dentro la compagine NissAmbiente, che comprendeva pure l’Altecoen di Franco Gulino. Quest’ultimo poi, proprietario di un gruppo di quaranta società operanti in diverse regioni italiane, con interessi pure in Sud America, è stato rinviato a giudizio a Messina per concorso esterno in associazione mafiosa, per l’affare dei rifiuti di MessinAmbiente, che tramite l’Emit ha coinvolto pure i Pisante. Con l’Altecoen, che la stessa Corte dei Conti siciliana ha definito nell’aprile 2007 un’azienda “infiltrata dalla criminalità mafiosa”, si è introdotto nell’affare dei termovalorizzatori, per uscirne con ingenti guadagni. Ancora tramite l’Altecoen, è stato presente nella Sicil Power di Adrano, insieme con la DB Group, presente nei raggruppamenti guidati dalla catanese Acoset.

Tutto questo definisce evidentemente un ambiente, che fa da sfondo peraltro a fatti e atteggiamenti ancor più preoccupanti. Si tratta del lato più oscuro del processo di privatizzazione, di cui emergono un po’ le coordinate nelle dichiarazioni di un reo confesso, Francesco Campanella, ex presidente del consiglio municipale di Villabate, sulla costituzione del consorzio Metropoli Est, finalizzato al controllo delle acque in alcuni centri del Palermitano. Fatti sintomatici si rilevano comunque in quasi tutte le aree dell’isola: dall’Agrigentino, dove i sindaci di Bivona e Caltavuturo hanno denunciato le logiche dubbie invalse negli appalti di manutenzione, a Ragusa, dove sin dagli inizi della vicenda ATO è stato un crescendo di atti intimidatori. E si è ancora agli esordi.

In linea con le consuetudini, vanno delineandosi in sostanza due livelli: quello della gestione idrica in senso stretto, conteso da multinazionali e grandi società del settore, non prive appunto di oscurità, e quello dell’impiantistica, lasciato in palio alle consorterie territoriali, che recano ragioni aggiuntive, oggi, per porsi all’ombra di poteri estesi e ineffabili. Un quadro definito degli interessi potrà aversi comunque con l’entrata nel vivo degli ammodernamenti, nella danza di bisogni e pretese che sempre più verrà a stabilirsi fra appalti e subappalti. Solo allora l’obolo alla tradizione verrà richiesto con ampiezza: quando in profondo si tratterà di fare i conti con il privato che cova già nei territori, quando si tratterà altresì di saldare i conti con la parte pubblica, in sede municipale, provinciale, regionale.

In questa fase, in cui alcuni raggruppamenti recano caratteri di veri e propri cartelli, la logica prevalente rimane quella delle concertazioni a tutto campo, che traspare, fra l’altro, in certi movimenti mirati, prima e dopo le aggiudicazioni: tali da pregiudicare talora la linearità delle gare. Un caso esemplare, che ha avuto pure risvolti parlamentari, con una interpellanza del deputato Filippo Misuraca, è quello di Caltanissetta, dove la IBI di Pozzuoli, capofila della compagine esclusa dalla gara ATO, ha presentato ricorso contro Caltaqua, per ritirarlo appena avuta l’opportunità di inserirsi, con l’Acoset di Catania che l’affiancava, nel gruppo assegnatario, attraverso l’acquisizione di una quota cospicua dalla Galva del gruppo Pisante. Tutto questo, a dispetto delle leggi e delle direttive comunitarie, che vietano qualsiasi modificazione all’interno delle compagini vincenti.
Il processo di privatizzazione in Sicilia non sta recando comunque un decorso facile. Ha suscitato tensioni politiche, tali da rendere difficoltose le aggiudicazioni, mentre ha agitato la protesta delle popolazioni, allarmate dai rincari dell’acqua che ovunque ne sono derivati. Per tali ragioni a Trapani e Messina le gare rimangono sospese, con rischi di commissariamento dei rispettivi ATO, mentre a Ragusa si è arrivati addirittura a un ripensamento, per certi versi un dietro-front, che ha coinvolto gran parte dei sindaci dell’area. E proprio la vicenda di quest’ultima provincia segna nel processo una vistosa anomalia.

Sotto il profilo economico, il sudest, da Catania alla provincia iblea, reca tratti distinti. È la sede principale delle colture in serra, lungo i percorsi della fascia trasformata. È area d’insediamento di grandi centri commerciali, con poli importanti a Misterbianco, Siracusa, Modica e Ragusa. È territorio di una banca influente, la BAPR, che riesce a collocarsi oggi, per capitalizzazione, fra le prime venticinque banche in Italia. In virtù dell’integrazione cui può godere, sempre più va facendosi altresì un’area di forte interlocuzione economica, a tutti i livelli, con risvolti operativi non da poco. Se ne hanno riscontri nella politica concertata dei poli commerciali, quelli indicati appunto, e tanto più negli accordi strategici che vanno maturando nel mercato immobiliare, nella grande distribuzione alimentare, nel mercato ittico, nella costruzione di opere pubbliche, infine, dopo la svolta della legge Galli e le sollecitazioni dal governo regionale, nello sfruttamento privato delle acque. In quest’ultimo ambito infatti la catanese Acoset, ponendosi a capo di un raggruppamento coeso, ha deciso di guadagnare terreno oltre il territorio etneo, mentre la Sogeas di Siracusa, pur avendo introdotto soci privati, cerca di mantenere, al momento, un contegno più prudente.

Negli ultimi anni la società catanese è stata al centro di numerose contestazioni, da parte di enti e comitati di cittadini che ne hanno denunciato, oltre che i canoni esosi, le carenze di controllo. Il caso più clamoroso è emerso nel 2006 quando nell’acqua da essa erogata in diversi centri sono state rilevate concentrazioni di vanadio nocive alla salute. La Confesercenti di Catania è intervenuta con esposti ad autorità competenti e al Ministero della Salute. Il comune di Mascalucia ha aperto in quei frangenti un contenzioso, negando la potabilità dell’acqua. Per la mancata erogazione in alcuni centri, l’azienda è stata inoltre censurata dal Codacons e, in un caso almeno, è stata indagata dalla magistratura etnea. A dispetto comunque di simili “incidenti”, che definiscono il piglio dell’azienda mentre incrinano, in senso lato, le sicurezze sulle qualità del servizio privato, l’Acoset, potendo contare su alleati idonei, ha assunto i toni e le pretese di un potere forte.

Nata nel 1999 come azienda speciale, che ai fini della gestione idrica consorziava venti comuni pedemontani, l’impresa presieduta dal geometra Giuseppe Giuffrida si è trasformata nel 2003 in società per azioni, con capitale pubblico e privato. Nello slanciarsi lungo la Sicilia, ha stabilito rapporti con ambienti economici mossi. Nella compagine di Girgenti Acque, di cui è capofila, ha associato la Galva del gruppo Pisante e una società che fa capo alla famiglia Campione, discussa per vicende che ne hanno riguardato un componente. Nel medesimo tempo, con le movenze tenui che accomunano tante imprese dell’est siciliano, l’Acoset è riuscita ad aver voce negli ambiti decisionali che più contano nell’isola. Un test viene ancora dall’Agrigentino, dove, malgrado l’opposizione di ventuno sindaci, che avevano chiesto l’annullamento dell’aggiudicazione, la società catanese è riuscita a mettere le mani comunque sull’affare idrico, con la condivisione forte del presidente provinciale degli industriali, Giuseppe Catanzaro, del direttore generale in Sicilia dell’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, Felice Crosta, del presidente della regione Cuffaro.

Pure i numeri sono quindi divenuti quelli di un potere in evoluzione. Quale socio privato dell’ATO 2 di Catania, l’impresa eroga l’acqua a 20 comuni etnei, per circa 400 mila abitanti. Da capofila della società Girgenti Acque ha sbaragliato potenti società italiane ed estere, come Aqualia appunto, aggiudicandosi un affare che le farà affluire in trenta anni 600 milioni di euro, di cui circa 100 milioni dall’Unione Europea. Con una quota minima, ceduta dalla Galva dei Pisante, risulta presente nel gruppo Caltaqua, aggiudicatario della gestione idrica del Nisseno. Sin da quando si è profilato il business della privatizzazione, con un raggruppamento d’imprese che comprende pure la BAPR, ha deciso di puntare altresì a sud, gareggiando ancora con la multinazionale iberica, per assicurarsi la gestione dei servizi idrici di Ragusa, che recano una posta di oltre mezzo miliardo di euro, di cui circa 100 mila della UE. Se avesse centrato tale obiettivo oggi avrebbe in pugno un quinto circa dell’intero affare siciliano.

I giochi apparivano fatti. Delle tre società concorrenti, Saceccav, Aqualia e Acoset, la prima, che concorreva già per insediarsi all’ATO di Siracusa, è stata esclusa dalla gara per motivi che sono apparsi sospetti, tali da indurre uno dei commissari, il prof. Francesco Patania, a dimettersi e presentare un esposto alla procura di Ragusa. La seconda, che di lì a poco avrebbe avocato a sé la gestione idrica del Nisseno, per certi versi si è ritirata perché non ha risposto all’invito della commissione di dichiarare se persisteva il suo interesse alla gara. La compagine di Acoset, che al medesimo invito ha risposto affermativamente, aveva quindi ragione di sentirsi vincitrice. Le cose sono andate tuttavia in modo imprevisto. La maggioranza dei sindaci, che nel giugno 2006 si erano espressi a favore della gestione mista, pubblico-privata, nella seduta del 26 febbraio 2007 hanno deciso di avviare infatti la procedura di annullamento della gara perché difforme alle direttive dell’Unione Europea. E il 2 ottobre del medesimo anno la gara è stata annullata. Ma perché è avvenuto tale ripensamento e, soprattutto, quali giochi reggevano, e reggono tutt’ora, l’affare acqua del sud-est?

Lo schieramento di Acoset per l’ATO di Ragusa reca conferme di rilievo e qualche accesso. Rimane forte la presenza catanese, con Acque di Carcaci, Acque di Casalotto e la COESI Costruzioni Generali. Con opportuni scambi posizionali vengono altresì confermate, perché strategiche, due presenze: la IBI di Pozzuoli, con cui nel Nisseno la società catanese ha condotto l’operazione di trasbordo in Caltaqua, che ha suscitato allarme nella Sicilia tutta e prese di posizione parlamentari; la DB Group che, tramite la Sicil Power, costituisce un punto di contatto fra l’Acoset e il gruppo di imprese che fa capo alla famiglia Pisante. Inedita è invece, ma pure sintomatica, la partecipazione della BAPR, che meglio di ogni altra realtà compendia il potere finanziario del sudest. La banca iblea ha fatto una scelta anomala, per certi versi controcorrente, dal momento che nessun altro istituto di credito dell’isola ha deciso di porsi in campo. Ma l’ha fatta a ragion veduta.

Nel quadro degli scambi che vigono nell’est siciliano, la BAPR costituisce una presenza di peso, in grado di interloquire con tutte le economie, a partire comunque da quelle legate all’edilizia e all’innovazione agricola. Reca una dirigenza solida, attenta alla tradizione, non priva tuttavia di impeti modernistici, che tanto più si avvertono nell’attivismo di Santo Cutrone, consigliere di amministrazione, costruttore, componente della giunta CCIIA di Ragusa, vice presidente siciliano dell’ANCE. Forte dei ruoli rivestiti, Cutrone ha potuto stabilire relazioni da vicino con l’imprendtoria catanese, inclusa quella legata all’acqua. Con la CG Costruzioni, di cui è proprietario, ha fatto affari comuni con l’ingegnere Di Vincenzo, con la costituzione di una ATI, associazione temporanea d'impresa, che ha concorso in numerose gare, dal comune Misterbianco al porto di Pozzallo. Quale presidente provinciale dell’Associazione Nazionale Costruttori si è esposto in favore della privatizzazione dell’acqua a Ragusa, mentre, a chiusura del circolo, ha sostenuto nell’intimo della BAPR le ragioni, infine vincenti, della scesa in campo con Acoset.

In considerazione di tutto questo, i conti dell’acqua, nella declinazione del sudest, tornano con pienezza. La società guidata da Giuseppe Giuffrida, che ha accettato la sfida dei giganti europei, ha avuto buone ragioni per imbarcare la banca siciliana, ravvisando nel prestigio e nell’influenza della medesima una carta spendibile ai fini dell’aggiudicazione del mezzo miliardo di euro in palio. Dal canto suo la BAPR, sospinta dal protagonismo di Cutrone, si è risolta a rivendicare una propria ipoteca, la prima, sull’affare del secolo, sulla scia peraltro di taluni gruppi finanziari, per consolidare sotto la propria egida l’asse economico Ragusa-Siracusa-Catania. Come si evince dalle movenze, tutti i protagonisti della compagine, da Acoset a IBI, da DB Group all’istituto ibleo, hanno comunque ben chiaro che la conquista del centro-partita nella cuspide iblea può costituire un incipit per ulteriori affari, tanto più dopo lo scoccare del 2010, quando, con l’apertura dell’area di libero scambio, il territorio del sudest, in virtù dell’esposizione che reca sul Mediterraneo, diverrà strategico.

In definitiva, nella Sicilia più a sud si è giocato per vincere, a tutti i costi. Il coinvolgimento della BAPR ne è una prova. E Acoset, con le sue alleate, avrebbe vinto se, dopo la decisione assunta dai sindaci dell’ATO in favore della privatizzazione, nel giugno 2006, non fossero accaduti degli incidenti, privi di riscontro in Sicilia, per certi versi quindi imprevedibili. Un pugno di ragazzi, fondatori di un giornale in fotocopia, “Il clandestino”, hanno deciso di mettersi di traverso, suscitando una resistenza corale, che ha incrociato lungo il suo cammino Alex Zanotelli, l’Antimafia di Francesco Forgione, il Contratto Mondiale dell’acqua di Emilio Molinari, la CGIL di Carlo Podda. Dalle cronache, in Sicilia e nel paese tutto, la storia è stata registrata come una esperienza esemplare, cui si sono coinvolti dirigenti sindacali come Tommaso Fonte, Franco Notarnicola, Nicola Colombo e Aurelio Mezzasalma, esponenti politici come Marco Di Martino, esponenti dell’associazionismo come Barbara Grimaudo. La battaglia dell’acqua, nel sudest siciliano, rimane comunque aperta, con i poteri forti che insistono a lanciare i loro moniti, mentre vanno preparandosi all’ultimo decisivo assalto.

Carlo Ruta