giovedì 5 febbraio 2009

Ecco il Manifesto!

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25 commenti:

Anonimo ha detto...

Cari amici del blog siamo alla SAGRA DELL'IPOCRISIA...il sindaco è contro i manifesti e il primo lui li fa!!!
Ha scritto che vuole risolvere il problema...benissimo...ma perchè qualcuno ha sollevato il polverone!!!Sinnò a iddu mancu pi a testa cci passava!

Anonimo ha detto...

C’era una volta, neanche tanto tempo fa, un piccolo paese, assiepato su una collina posta trecento metri s.l.m il paesello veniva baciato e scaldato dal sole, dall’alba al tramonto,era un'isola felice, i duemila abitanti vivevano sereni, nel loro semi isolamento, vi era solo una via di accesso, il paese era delimitato due enormi rupi, a rocca du duca ad un’estremità del paese, e a rocca da cruci all’antra, sembravano fossero state messe lì apposta a difesa dei confini, ed a vegliare sul paese.
Le strate e i chiazzi (piazze per i non siciliani) eranu abbasulati o ammattonellati, non so se avete mai visto quelle mattonelle nere, ce n’erano di due tipi, più sottili o più spesse, quelle più sottili per i marciapiedi e quelle più spesse per le strade, mmezzu a chiazza (modo con cui veniva indicato corso umberto) era abbasulata cu chiddi basuli quatrati impicicati vicini vicini ca paria di caminari intra, di quantu eranu lisci, ammeci i strati ca eranu abbasulati cu chiddri rettangolari eranu con un pocu di spaziu, e si sintiva quanni si passava ca machina o bicicletta ca ti trimavanu tutti i cosi.
C’eranu 6 putii, mezzu a chiazza Alfonso Migliara, poi a zia Nunziata, u zi Cola ca zia Filippa, u zi Peppi farruvia a zia Stella, e o vutanu u zi Giuanni Americo, i cui due figli più piccoli erano Settimio e Giovanni, che si sono trasferiti a Roma. 2 macellerie u zi Pasqualinu e a latu u zi Angilu Abissi, 1 tabacchinu che faceva anche da posto telefonico pubblico, per i più giovani, il posto telefonico pubblico aveva un telefono a gettoni ed a scatti, funzionava così, si metteva il gettone nell’apposita feritoia, si faceva il numero e quando si aveva risposta si premeva un pulsante accanto alla feritoia ed il gettone cadeva quindi si poteva parlare, altra particolarità del posto telefonico pubblico era quella di ricevere le telefonate per chiunque, mi spiego, all’epoca non tutti avevano il telefono in casa, quindi si chiamava al posto telefonico pubblico, e a zia Maravanna mannava a chiamare in casa il destinatario della telefonata.
Continua
Andrea Camilleri

Anonimo ha detto...

un bravo all'anonimo del 11-02-2009 ore 21.42
che ci ha fatto ricordare quando a Joppolo si viveva forse meglio di oggi
impegnatevi tutti per migliorare la qualità della vita nel nostro paese
spero che il racconto del nostro "Andrea Camilleri" continui....

Anonimo ha detto...

C’erano pure due bar, a romana e vaiana, al latu du bar da romana c’era a falegnameria di u zi Giuanni e du zi Totò, imboccando via Curiale, la prima cosa che si vedeva era la caserma dei carabinieri, un edificio imponente color mattone, con una cinta muraria attorno,continuando per via Curiale si arrivava nu zi Toto pedalino, fabbro ferraio e maniscalco, altro fabbro ferraio e maniscalco era don Giurlannu in via Cesarò.
All’epoca non c’erano le scuole medie ma soltanto le elementari che i bambini raggiungevano da soli a piedi, nel tempo libero si costruivano i carruzzuna, che erano degli skateboard ante litteram, costruiti con una tavola e delle assi di legno ai quali venivano applicati dei cuscinetti, poi carruzzuna in spalla o meglio sotto le ascelle si saliva ncapu i morti, che all’epoca c’era una discesa liscia ammattonellata da un lato, e una scalinata di basuli dall’altro, quindi si andava in cima alla salita e poi veloce spinta e giù per la discesa, ncapu i carruzzuna si saliva anche in più carusi, però bisognava fare attenzione alle guardie, don Nino e u zi Stefano, padre dell’attuale sindaco, quannu arrivavano via di cursa, picchi si i guardii arrivavano a ncagliari qualche carusu, ci livavanu u carruzzuni e lu rumpivanu na scalinata, mi quantu voti lassamu i carruzzuna e scappavamo, tantu po nni facevamu n’antru.
Altro posto caratteristico era a brivatura o vutanu, era sistemata in mezzu a chiazza du vutanu, era costruita in pietra calcarea di un colore bianco asciutta e di un giallo pallido da bagnata, ed era composta di due abbeveratoi uno più alto per le mucche i muli o gli asini, l’altra più bassa per le pecore e le capre, e l’acqua correva continuamente, dalla parte opposta c’era il calvario, c’è ancora, ma quello vecchio era formato da un cubo che nel centro aveva una nicchia, ed a circa un metro di questo cubo c’era una recinsione.
A brivatura faceva bella mostra di se, ma arrivati ad un certo punto il comune ha deciso di abbatterla, e costruirne un’altra più piccola in lunghezza, ma più alta, e situata sotto al muro, la piazza è stata ammattonellata per la felicità di carusi ca ci ivanu a iucari o palluni, il campo sportivo era di la da venire, e si giocava o vutanu oppure in via roma o darrè a posta, qualchi vota puru darrè i scoli, d’estati si giocava anche con il buio, qualche volta fino a mezzanotte o anche oltre.

Anonimo ha detto...

Si racconta che una di queste notti, sono venuti i carabinieri, hanno fatto una retata se possiamo chiamarla così, ed hanno portato tutti in caserma dove hanno redatto un verbale, sembra che il verbale riportasse queste parole “nel silenzio della notte si sentiva un leggero tocco di palla, ed il compagno che gridava passala passala passa la palla”.
Go back.
Parlando di putii ne avevo omesse due, u zi Masi detto tammurinaru, mezzu a chiazza,e u zi Masi Mongiovì vicinu u furnu elettricu, di cui parleremo più approfonditamente dopo.
U zi Masi tammurinaru ha ricoperto per un certo periodo la carica di vice sindaco, essendo il sindaco poco presente in paese era lui che firmava i certificati vari avendone delega, all’epoca non esisteva l’autocertificazione, quindi per qualunque occorrenza si andava in municipio a farsi fare il certificato occorrente, poi con lo stesso ci si recava presso a putia du zi Masi e si faciva firmari, le cronache dell’epoca raccontano che una volta c’è stato un buontempone ca ci fici firmari u so certificatu di morti.
Esisteva un solo panificio, che i vecchi chiamavano u furnu elettricu, la domanda sorgeva spontanea, se funziona a legna picchi lu chiamanu furnu elettricu? U furnu era du zi Totò e da zia Angila, aiutati di figli, chi l’aiutava più di tutti era Giovanni, quannu ci arrivavano i ligna, a strata ristava bloccata pi mazza iurnata, ma nessuno se ne lamentava, mi chiedo cosa succederebbe oggi per una cosa simile? Apriti cielo. Particolarità du furnu elettricu era che, la gente che si faceva il pane in casa, quella volta i contadini facevano il pane per 15 giorni, lo portava o furnu a farisillu cociri, accuntu c’avianu tutti u furnu intra, ma non solo il pane, anche il pan di spagna, o la carne, il pesce, e i miscateddi, poi si lasciava qualche cosa da degustare a zia Angila.
Accuntu ca si iucava sulu o palluni, si facevano anche altri giochi, a parte il solito nascondino, si giocava ammucciarè a cumpagni, si facivanu du squatri, una si mittia all’inizio da ringhiera quella vicino via Camilleri, l’altra squadra andava a nascondersi, tranne uno che si metteva in fondo dava un grido e scappava per andare a nascondersi, solitamente scappava verso l’arco, in questo gioco bastava veder uno dell’altra squadra ed era finita, quindi si ripartiva a parti inverse, durante il gioco non chè che si stava fermi nascosti e basta, si andava in giro per il paese, si arrivava o vutanu, a cruiali a fuvuredda, nzina a quannu qualcunu si stuffava, e po si truvavanu tutti davanti a chiesa
Andrea Camilleri
continua

Anonimo ha detto...

Simpatico questo Andrea Camilleri. Continui nei ricordi! Accresceranno la cultura e la storia della nostra comunità. Ci sono, forse, delle dimenticanze che più avanti preciserò pure io in modo da dare completezza al racconto. Sarebbe il caso che anche altri inserissero i loro ricordi in modo da creare una memoria collettiva della nostra gente, della nostra cultura, delle nostre tradizioni, degli usi e costumi, delle feste popolari, ecc.

Anonimo ha detto...

Vorrei chiedere, se possibile è non arrecando disturbo, di spostare i post dal 9 al 14 febbraio in una sezione dedicata. Ringrazio Andrea Camilleri

enzo carrubba ha detto...

enzo risponde all'anonimo andrea camilleri:

" sto cercando di accontentarti al meglio... mi auguro che la tua veda narrativa non si esaurisca! grazie ancora e restiamo in attesa del tuo POST"

Anonimo ha detto...

Vorrei continuare a parlare dei giochi, ma allo stesso tempo dei personaggi del paese, personaggi genuini ruspanti come si dice adesso, spero di trovare un trait d’union.
Darrè a chiesa, ca po fussi a latu, quello di sinistra guardando la facciata, si giocava a cintati, tutti stavanu davanti a firriata , uno iva a ammucciari un cintu, possibilmente di coriu, poi dava il via alla ricerca chi lo trovava dava cintati a tutti finu a quannu nun si mittianu in salvo, poi andava a nascondere u cintu e si continuava, una sira eramu darrè a posta e iucavamu a bum, chissà è facili l’altra sera ci hanno giocato a scherzi a parte, comunque bisogna dire bum invece di dire 7 o suo multiplo o un numero con finale 7 ,chi sbagliava pagava pegno, dicevo quella sera quando si decideva i la penitenza da far fare è passato don Giurlannu u firraru (bonomo) e ci ha insegnato una bella penitenza “tigna è tignola”.
A prossima vota si v’interessa vi cuntu in zoccu cunsistiva, si nun vi interessa vu cuntu u stessu.
Andrea Camilleri
Continua….

Anonimo ha detto...

vorrei suggerire ad andrea camilleri di continuare con i giochi, ricordando anche quelli violenti tipo: "a puntalati", "a tavula longa", "a scarricari vasceddri" e magari spiegando come ci si devertiva anche senza un soldo in tasca raccontando batti muro, le feste con la venuta du cubaitaru che minacciava i ragazzi che tentavano di rubare qualcosa con un coltello enorme. Le gabbie di polli davanti alle case in ogni strada. Il gioco consisteva nel passare di corsa un gruppo di ragazzi al grido "'e gaggi" e si abbattevano tutte facendo scappare le galline e creando confusione tra le nostre mamme proprietarie dei polli. Il Paese era vivo e veniva vissuto con piacere da grandi e bambini. Le strade piene di fango e tutte acciotolate. Ogni caduta rendeva pericoloso tornare a casa. Andrea Camilleri dovrebbe raccontarci un pò di aneddoti sui personaggi Joppolesi di allora. Oggi sono quasi tutti morti, ma rappresntavano l'aspetto caratteristico del paese. E' giusto che si tramandi il loro ricordo facendoli rivivere in questo blog.

Anonimo ha detto...

Tigna e tignola funziona così, un ragazzo si appoggia al muro, chi deve sottostare alla penitenza si piega appoggiando la testa sullo stomaco dello stesso, mentre un altro ragazzo gli monta sulla schiena, il ragazzo appoggiato al muro battendo ritmicamente con le mani sulla schiena ripete questa filastrocca, al termine della quele il penitente deve indovinare, se non indovina il numero che indica con le dita chi gli sta sulla schiena, se sbaglia si ripete fin quando non indovinerà.
TIGNA E TIGNOLA SI BEDDRA E SI BONA SI BEDDRA MARITATA QUANTU CORNA PORTA LA CRAPA? METTIAMO CHE VIENE INDICATO IL NUMERO 2 ED IL PENITENTE DICE TRE LA FILASTROCCA CONTINUA COSI’
AVISSITU DITTU DU U TO NASU FORA FRITTU NDA UN PIGNATEDDRU STRITTU, TIGNA E TIGNOLA SI BEDDRA E SI BONA SI BEDDRA MARITATA QUANTU CORNA PORTA LA CRAPA?
E così via
Per gli altri giochi visto che il mio assistente li ha citati, potrebbe raccontarceli lui, così allarghiamo anche la platea dei raccontatori, la tavola longa e semplice e pazzesca nella sua semplicità, semplice finchè si tratta di saltare, però se si incomincia a fuvureddra e facennu l’acchianata dell’esilio ecco che diventa qualcosa di più di un semplice saltarsi l’un con l’altro.
Onde evitare malintesi, quando farò altri interventi in cui citerò dei personaggi che in un modo o nell’altro hanno segnato un’epoca, mi toccherà indicarli con il soprannome, non per arrecare offesa, ma per poter meglio indicare la persona, viste le tante omonomie presenti in paese.
Andrea Camilleri
continua

Anonimo ha detto...

"A puntalati" era un gioco che consisteva nel formare due squadre di ragazzi. Le due squadre si schieravano a distanza lungo una strada, e armati di pietre si faceva un vero e proprio duello causando qualche testa rotta. Le armi per il duello erano molto abbondanti lungo le strade di Joppolo. A "scaricari vaceddri" partiva sempre dalle due squadre di ragazzi. Un ragazzo faceva da cuscino appoggiato al muro una squadra, quella di sotto, stava con il corpo piegato a novanta gradi l'uno contro l'altro. I ragazzi della squadra di sopra saltavano sulla schiena di quelli della squadra di sotto cercando di non perdere l'equilibrio e toccare terra con i piedi sino a contare fino a dieci. Se si toccava per terra si invertivano le parti, altrimenti si ricominciava.
"Batti muro" era il gioco di azzardo più frequente con quelle poche lire che avevamo a disposizione la domenica. Si tirava verso il muro con la moneta e chi arrivava più vicino al muro aveva il diritto di battere per primo sulle monete degli altri dispote una sull'altra. Vinceva i soldi chi faceva capovolgere più monete rispetto alla disposizione iniziale.
Chi perdeva doveva aspettare la domenica successiva per potersi rifare e perdeva la possibilità di poter acquistare qualche gelato nu zi Giurlannu e dopo nni Peppi Vaiana.
La domenica era un giorno importante: i più grandi si schieravano di fronte alla chiesa appoggiati al muro o allo salone du zi Giuvanni Ciraulu (dove si trova l'attuale bar di via Roma) e aspettavano l'uscita delle ragazze dalla Chiesa. Era l'unico momento di sguardi e di incontro. Poi tutte chiuse in casa fino alla domenica successiva.
....Continua.

Anonimo ha detto...

A proposito du zi Giuanni Ciraulu, si racconta che una volta facevano "a cursa di scecchi" e siccome il traguardo era vicnu a staddra du zi Giuanni, vinciva sempri u so sceccu pirchì partia pi iri intra.
U zi Giuelanniddru o don Giurlanniddru, vinnia i gelati ca carriola e un puzzattu, un conu 5 liri,
2centesimi e 1/2 di oi, doppu quannu accumincia Peppi Vaiana avia già arrivatu a 10 liri, oltre che a batti muro o a martiddrari, si giocava anche in un'altra maniera mi pare ca si chiamassi "o munti" e funzionava così, si tracciava un segmento per terra e si facevano scivolare i soldi aveva diritto a tirare per primo chi più si avvicinava alla linea, mentre chi la superava era fuori dal gioco, quindi chi più si avvicinava, si prendeva i soldi che erano andati oltre, gli altri li raccoglieva e li lanciava per aria, quelli che erano testa se li teneva quelli croce restavano per gli altri.
Andrea Camilleri continua

Anonimo ha detto...

U zi Giuvanni Ciraulu era un uomo piccolo, ma grasso, aveva una gran fantasia e raccontava storie impossibili seduto davanti alla sua porta a tutti quelli che si avvicinavano al suo grande scalone. Non ricordo se era anche scarparu. Tra le storie che raccontava famosa quella in cui con una mano aggrediva un ladro con un'altra mano lo teneva per un braccio, con un'altra mano lo teneva per il collo con un'altra mano lo colpiva. Alla nostra domanda di quante mani avesse sbottava in urla e rincorreva noi bambini impertinenti che osavamo contraddirlo. Raccontava poi di una giornata di pioggia in campagna, lui aveva un cavolo che era così grande che si riparava insieme al suo asino sotto le sue foglie. Tutti si stava ad ascoltare e a credere a tutti i suoi racconti. Qualche volta erano così improbabili che qualcuno glielo faceva notare e lui non poteva sopportarlo.

Anonimo ha detto...

A proposito del cavolo, una volta non so chi, gli ha detto che quando era in Germania lavorava in una fabbrica di pentole, e ne hanno costruita una così grande che erano in quaranta operai dentro e fuori a lavorarci per una settimana, al che lui ha risposto " e chi pignata era" chiddra pi cocicci u to cavulu" hahahahahahaha miii si è preso un' arrabbiatura....
Andrea Camilleri
continua

Anonimo ha detto...

errata corrige: la casa du zi giuvanni era in piazza Marconi dove oggi c'è il bar e non in via Roma dove non c'è nessun bar

Anonimo ha detto...

A proposito dei primi inserimenti da parte di Andrea Camolleri. Il verbale dei carabinieri era stato scritto dall'Appuntato Di Maro, dicono le cronache di allora, un tipo simpatico, di origine campane di cui conservava l'accento. Abitava in via Curiale, di front alla caserma vecchia. Quando era libero andava in campagna e prendeva l'autobus guidato da don CCi e arrivati all'altezza del suo terreno non suonava il campanello, ma gridava dal fondo dell'autobus: "Cicci fermati 'o calipsi" con il suo tipico accento. Appena scendeva scoppiava una risata generale. L'autobus in effatti era una specie di carrozza rumorosa che tutti chiamavamo "a vitturina" rispetto all'altro che era un pò più grande e appariva più moderno.
L'altra putia era du zzi angilu, in via calvario che, si diceva sapesse compiere lo stesso miracolo di Gesù. Per l'altra putia sarebbe interessante che Andrea Camilleri ci raccontasse la storia del sassofono richiesto in estate da 'ntonio.

Anonimo ha detto...

U zi Angilu Americo avia a putia in via calvario, e faceva il vino di notte, ammeci nto nto canatranu, che abitava in via Curiale, (avete notato quante volte ritorna via Curiale) era emigrato in Belgio, dovete sapere che era un grande appassionato di musca e voleva fare il cantante, era un grandissimo fan di Celentano e lo imitava abbastanza benino, un'estate era in ferie a Joppolo con la moglie, e cercava qualcuno che gli prestasse un sassofono, gli amici gli hanno indicato u zi Masi, gli hanno detto l'unico che può aiutarti è lui, quindi ntonto, si è recato na putia du zi Masi a chiedergli il sassofono in prestito, u zi Masi gli ha risposto "mi dispiace u pristavu na vota e su stannu passannu e ancora aspettu ca mu tornanu" più o meno e così.
A me sembra che l'autobus che guidava don CCi si chiamasse a pintaiota.
Andrea Camilleri
continua

Anonimo ha detto...

… e già, via Curiale foriera di personaggi, un di questi era u zi Vanni Russo, che abitava all’inizio della via prima casa a sinistra, u zi Vanni era una persona affabilissima, e quando era dell’umore giusto, dopo qualche insistenza dei ragazzi incominciava a raccontare storie, lui amava leggere storie d’avventura, e quando incominciava a cuntari i so cunti, ipnotizzava tutti quelli che stavano ad ascoltare dai più piccoli ai più grandi, quello che più gli era richiesto di raccontare era della spada “durlindana”, peccato non conoscere il testo da dove lui l’ha ricavato, mi piacerebbe proprio poterlo leggere e fantasticare, come quando ascoltavo u zi Vanni.
Sempre in via Curiale, ma darre i scoli, ci stava u zi Sciaveriu, detto Sciaveriu di don Natali, u zi Sciaverio scriveva poesie in siciliano, e tutte le volte che era seduto fuori della porta di casa, o che andava mezzu a chiazza, e macari s’assittava davnti u bar di vaiana, i carusi ci addumannavanu di cuntari i poesii, e quannu accuminciava , soleva dire “ ogni vota ca i carusi mi vidinu mi dicinu zi Sciavè ni cuntassi na podesia” diceva proprio podesia, la quasi totalità di poesie du zi Sciaveriu prendevano di mira i compaesani, ce n’è una in cui ha messo dentro tutto il paese, più o meno. Anche per quanto riguarda le composizioni du zi Sciaveriu sarebbe bello se qualcuno ne avesse memoria o scritte, da pubblicare qua nel blog.
Andrea Camilleri
Continua

Anonimo ha detto...

A zia Sariddra, abitava nella stradina che porta da dietrola chiesa sutta l'arcu, esattamente a sinistra dove la stradina si allarga e fa una rientranza,quantu voti a vidiamu passari di mezzu a chiazza ca vinia du vutanu cu bummuliddru in testa, senza ca lu tinissi chi mani, bella la foto du vutanu, che ho avuto modo di descrivere in uno dei miei interventi, sullo sfondo si vede anche com'era a cruci prima, si nota anche la nicchia centrale, e si hai ragione quantu partiti di palluni, e po pi un certu periodu quannu vinianu i giostri, l'autoscontri si situavanu proprio droccu. Andrea Camilleri
continua

Anonimo ha detto...

Sto attraversando un periodo di lagnusia, l'ispirazione è diventata un opzional, la memoria zoppica, miii a postu sugnu.
Mi viene in mente un ricordo.... era una sera d'estate, ci trovavamo davanti al cancello della chiesa ad annoiarci, quando come succede nei film amici miei, a qualcuno è venuta in mente una zingarata, nella casa che fa angolo tra via Roma e a chiazza c'era il circolo dei vecchi, che aveva due ingressi unu da chiazza e unu da via roma, chi ha qualche anno si ricorderà certamente di Peppi puureddru, la zingarata è consistita nel mettersi in fila indiana e correndo calciare sulla porta del circolo dal lato di via roma, purtroppo non ricordo bene chi, forse Stefano, quando a calciato ha sfondato la porta ed il piede gli si è incastrato, per fortuna si è liberato in tempo per non farsi prendere, invece Luigi detto ciacià o zulù, non ha partecipato alla spedizione, ma non è nemmeno scappato, quando sono arrivati i carabinieri a chiedergli se avesse visto qualcosa,non ricordo cosa ha risposto, mi ricordo che ad un certo punto ha detto che qualcuno ha tirato il tronzo del cavolo ma so chi, non vi dico le risate che ci siamo fatti, visto che intanto eravamo tornati tutti alla base, davanti alla chiesa.
Andrea Camilleri
continua

Anonimo ha detto...

Ci sunnu cosi ca l'armu umanu pi quantu si sporza un po capiri, a mmia sta storia ca u sinnacu si voli accattari tutti i casi vecchi, mi puzza, mi chiedo? Si li voli accattari iddru! Oppuri u comuni?
Stava aspittannu ca i tempi fussiru maturi pi affruntari u problema du spopolamentu du paisi, ci staiu pinsannu, sugnu ancora indecisu si accuminciarlu ora, o aspittari comu avia programmatu, ora ni stu mumentu mi sentu sulu di dari un suggerimentu, nun sapennu chiddru chi voli fari, i pinsavu, tanti casi vecchi, comu si vidi ni fotografii, spacialmenti chiddri di mezzu a chiazza, sunnu incastrati, ovvero i proprietà sunnu n'castrati, allura u sinnacu si propriu voli fari na cosa bona, in accordu cu i proprietari, po fari l'espropriu, po allavanca tutti sti casi vecchi, e li fa novi, facennu naturalmenti unità abitative autonome ed indipendenti, ognuna per la metratura di ogni proprietariu, e po li vinni e proprietari stessi, ovvero ci fa pagari i spisi, accuntu ca cciavi a guadagnari.
Signor sindaco, qualcosa su cui riflettere.
Andrea Camilleri
Continua

Anonimo ha detto...

Ho visto la foto con tre persone molto note e benvolute, Totò furnaru, u zi Peppi Canauisi, u zi Giuanni salinaru e so figliu Filippu.
Nel vedere u zi Totò mi è venuto in mente un'altro totò o meglio Turiddru pacchianu.
Turiddru pacchiano era un grande cinefilo, amante sopratutto dei spaghetti western, più volte ha provato a fare il cinema nel senso di sala cinematografica, altra sua passione erano i viaggi, solitamente viaggiava a scrocco, la sua meta preferita era la Francia, Parigi sopratutto dove aveva fratelli e sorelle, una volta Mariano Burgio gli ha dato i soldi per andare in tabacchino a comprargli le sigarette, ne lunga si chiamavano e costavano 220 lire, turiddru prese i soldi e parti per la Francia, torno l'anno dopo l'estate del 1978, era una calda estate, ed eravamo in luglio, il paese era super affollato, erano presenti un numero altissimo di compaesani emigrati che erano tornati per le vacanze estive, quell'anno in casa di molti nostri compaesani presenti per le vacanze si erano registrati dei furti, si erano altresi registrati dei furti di benzina dalle auto in sosta durante la notte, i carabinieri vigilavano, ed ecco che succede qualcosa di strano, verso le 4 di notte c'è un'ombra che a piedi sale verso il paese, si trova circa all'altezza dell'asilo, i carabinieri intimano l'alt ma l'ombra avanza ancora, quindi l'appuntato spara un colpo in aria, l'ombra si butta a terra e lì resta immobile, i carabinieri si avvicinano e, vedondo che ancora non si muove l'appuntato pronuncia le parole magiche "lazzaro alzati e cammina" ed acco che il miracolo si compie, quindi gli viene chiesto chi fosse, e lui sono Turiddru pacchianu figliu di Saru, ma niente, allora ecco l'idea geniale alle 4 di mattina da chi si può andare, ni Turiddru furnaru, ecco che i tre si avviano verso il forno arrivati dentro, turddru furnaru vedendo Turiddru pacchiu gli dice Turì ca si, quannu arrivasti quindi l'appuntato gli chiede se lo conoscesse, come no dice u zi Totò è Turiddru pacchianu, così hanno salutato e sono andati, poi il pomeriggio davanti a casa di donna Ciccia ca c'era l'ummira e vaiana ci sistimava i tavulina, u zi totò ni cuntava chiddru c'avia successu a notti, vi putiti mmagginari i risati quannu ni dissi lazzaro alzati e cammina, quannu arrivà Turiddru pacchianu tutti a dumannarici di cuntari u fattu, e pi tutta l'estati iemu avanti cu sta storia.
Andrea Camilleri
Continua

Anonimo ha detto...

errata corrige
canaisi non canauisi

Anonimo ha detto...

Andura un sacciu ne comu ne pirchì, mi vinni ntesta na cosa.
Fora da macelleria du zi Pasqualinu c'era un ganciu,e u iornu c'ammazzava ni stu ganciu c'iappinniva u cannarozzu cu i purmuna ficatu e cori, di l'armaru c'avia ammazzatu, chissu quannu ammazzava vo' ammecci si ammazzava agneddri o crapetti n'appiniva unu nicu o mezzu, d'estati paria ca tutti i vespi e muschi du paisi si davanu appuntamentu ddroccu davanti, e si pusavanu n'capu a carni, alluru o u zi Pasqualinu o qualchi so figliu, arrutuliava un giurnali, (normalmente il giornale di sicilia) l'addrumava e dava e abbrusciava i muschi e i vespi.
Andrea Camilleri
alla prossima