Stamattina
diciotto Sindaci della provincia di Agrigento, assistiti dall’Avv. Gigi
Restivo – già difensore del Consorzio tre sorgenti e tra i più
competenti professionisti in Sicilia in materia di servizi pubblici
essenziali – hanno depositato presso gli uffici dell’Ato idrico
Agrigento una replica alla diffida inoltrata dal Presidente D’Orsi e
ribadita dal Presidente della Regione Lombardo, in ordine alla consegna
di impianti e reti alla Girgenti acque s.p.a., soggetto gestore del
servizio in provincia di Agrigento.
La diffida dell’Ato idrico era inoltre accompagnata da una richiesta
di risarcimento del gestore privato a carico dei Sindaci agrigentini
vicina a 30 milioni di euro: ne parliamo con l’Avv. Restivo, legale dei
Sindaci.
“E’ qualcosa di paradossale – dichiara l’Avv. Restivo -. Il
Presidente dell’Ato idrico e poi il Presidente della Regione, invece di
farsi portatori degli interessi della comunità agrigentina, a seguito
del referendum dello scorso anno con il quale il 95% dei cittadini
italiani e siciliani si sono espressi per il ritorno alla gestione
pubblica dell’acqua ed in dispregio della recente sentenza della Corte
costituzionale che ha vanificato i tentativi dei governi Berlusconi e
Monti di annullare il risultato referendario, si fanno proni
ambasciatori delle illegittime richieste di una società privata che
cerca di lucrare sulle necessità essenziali dei cittadini”.
La Girgenti acque chiede un risarcimento di quasi 30 milioni di euro. Per quali ragioni?
“Le ragioni del gestore privato – prosegue l’Avv. Restivo – sono
grottesche e se non stessimo parlando di un problema che riguarda
qualche centinaio di migliaia di agrigentini verrebbe da ridere.
Girgenti acque contesta ai Sindaci che non hanno consegnato le proprie
reti di non essere riuscita a rispettare gli impegni assunti con l’Ato
idrico rispetto al pagamento delle bollette idriche poiché a fronte di
una prevista evasione del tributo pari al 2% ci troviamo di fronte a
mancate entrate pari al 35% da parte degli utenti. Non si comprende come
– e qui sta l’aspetto ridicolo della questione – proprio quei Comuni
che sino ad oggi non hanno consegnato né reti, né utenti possano essere
ritenuti responsabili delle inefficienze di tutti gli altri comuni a
gestione Eas che hanno consegnato elenchi delle utenze che si sono
rivelati dei veri e propri colabrodo. Pertanto o il gestore ha sbagliato
i suoi calcoli in sede di presentazione dell’offerta o non ha alcuna
capacità di recuperare i propri crediti”.
La Girgenti acque e l’Ato idrico contestano
altresì un danno da risarcire conseguente alle somme che il gestore –
quasi 10 milioni di euro – ha dovuto sborsare al Consorzio tre sorgenti.
“Anche in questo caso – continua il legale – siamo di fronte a
contestazioni infondate. Il Consorzio tre sorgenti, proprio pochi mesi
addietro, ha ottenuto dal Tribunale di Agrigento un decreto ingiuntivo
pari a svariati milioni di euro per l’acqua sorgentizia che eroga a
Girgenti acque; provvedimento che segue altri provvedimenti giudiziari
di analoga natura con i quali il gestore è stato obbligato a pagare
regolarmente le forniture idriche corrisposte dal Consorzio di
Canicattì: non si comprende per quale ragione un Consorzio di enti
pubblici costituito da sette comuni o addirittura i 19 Sindaci diffidati
dovrebbero essere considerati responsabili se la magistratura ordinaria
ha ritenuto legittime le loro richieste”.
La richiesta di risarcimento si fonda anche sulla mancata
approvazione delle tariffa unica e sulla mancata consegna
dell’acquedotto del Voltano.
“Anche in questo caso le contestazioni della Girgenti, avallate
dall’Ato idrico, sono incomprensibili, se non in mala fede: i Sindaci
che, ad oggi, non hanno consegnato le proprie reti rappresentano appena
quasi il 22% del capitale sociale dell’Ato idrico e pertanto l’Assemblea
dei Sindaci avrebbe potuto benissimo, anche in loro assenza, o
qualsiasi sarebbe stato il loro voto, approvare, con le maggioranze
qualificate previste dalla Statuto, qualsiasi provvedimento. Quanto alla
Voltano s.p.a. sarebbe ora che la prefettura e magistratura ordinaria
desse un’occhiata alle innumerevoli denunce presentate. Se oggi il
servizio idrico agrigentino è in agonia tutto ciò è dovuto ad un enorme
conflitto di interessi che coinvolge dieci comuni della nostra
provincia. Nel 2006, dopo due gare pubbliche andate deserte, l’Assemblea
dei Sindaci dell’Ato idrico, con il voto determinante dei primi
cittadini della Voltano s.p.a., deliberò la riduzione della fideiussione
a garanzia del servizio da 50 ad appena 4 milioni di euro. Subito dopo
gli stessi Sindaci, spostatisi di pochi metri nella sede della Voltano
s.p.a., deliberarono di partecipare alla gara con il raggruppamento di
imprese guidato dalla catanese Acoset. Se un singolo Sindaco di
qualsiasi comune italiano si permettesse di fare qualcosa del genere,
sarebbe da tempo in galera”.
Nella nota inviata al Consorzio agrigentino e inviata, per
conoscenza alla Prefettura della Repubblica ed alla Prefettura, si parla
di mafia?
“A seguito della pubblicazione su alcuni organi di stampa dei
problemi che alcune società – la Ibi e la Entei -, facenti parte della
compagine di Girgenti acque, hanno avuto con il rilascio di
certificazioni antimafia, tutti i Sindaci hanno chiesto alla Prefettura
di Agrigento ed al Ministero dell’Interno di far luce sugli intrecci
societari del gestore, sulle società che la compongono, sui loro
amministratori e sui rapporti economici posti in essere con aziende e
professionisti esterni al fine di poter, legittimamente, assicurare ai
propri cittadini il rispetto della legalità”.
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